Lazio-Foggia, Chinaglia sul dischetto, Maestrelli esulta, è il 12 maggio 1974... La Lazio è Campione d'Italia
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Lazio-Foggia, 13° minuto del secondo tempo: Renzo Garlaschelli va in percussione sulla fascia sinistra, mette la palla al centro, il difensore rossonero Scorsa prende il pallone con la mano, calcio di rigore. Sul dischetto si avvicina Giorgio Chinaglia: non poteva essere altrimenti. I pugliesi protestano con l'arbitro, il sig. Panzino di Catanzaro, mentre i circa 80.000 presenti all'Olimpico si ammutoliscono. Il cuore è già salito in gola, la salivazione è azzerata. Long John ha le spalle grosse, ma quel rigore scotta, anche per uno come lui. Perde tempo, come si fa per innervosire gli avversari, ma in realtà è lui a sentire tutta la tensione addosso. Su di lui sono puntati gli occhi di tutto il popolo laziale. C'è chi è solamente un ragazzino e con Chinaglia in attacco e Maestrelli in panchina è praticamente cresciuto. C'è chi la Lazio la vive da venti, trenta, quarant'anni, da quando in campo scendeva Silvio Piola ed erano gol a raffica. Poi c'è anche chi, settantenne, ottantenne, la squadra con l'aquila sul petto l'ha vista nascere, ammirandola a Piazza D'Armi, al campo della Rondinella o al Flaminio. Ma in quell'istante le differenze generazionali vanno in corto circuito. Tutti, indistintamente, trattengono il respiro e sudano freddo. Chinaglia è lì, con il pallone in mano. Lo posiziona sul dischetto, si gira per prendere la rincorsa. Davanti a lui c'è Raffaele Trentini: il portiere del Foggia contro la storia della Lazio. Il tiro di Giorgio è secco, non bello stilisticamente, un collo-interno da difensore centrale. Però è gol. La palla ha superato la linea, Trentini è battuto, quindi è gol. L'Olimpico esplode di folle gioia. Chinaglia grida esultante, i suoi compagni gridano insieme a lui, mentre attorno a loro si sprigiona l'abbraccio dei tifosi. E' un tripudio di bandiere biancocelesti. La Lazio non può più essere raggiunta, lì in cima alla classifica. Al fischio finale manca però mezz'ora. L'eccitazione si mischia alla smania frenetica di scendere in campo a festeggiare. A due minuti dal termine Panzino ferma il gioco per una punizione. Per i tifosi quello è senza dubbio il triplice fischio. In meno di un secondo, è invasione. La posta in palio è alta, altissima, la Lazio non può rischiare la sconfitta a tavolino: in pochi istanti il pubblico fa il suo rientro sugli spalti. L'incontro riprende, gli uomini di Maestrelli vorrebbero gettare quel pallone al di là delle tribune, direttamente nel Tevere. Poi Panzino fischia. Stavolta non è una punizione. E' il fischio finale. La Lazio è Campione d'Italia. Ora il campo può essere invaso, la festa può avere inizio. La Lazio è Campione d'Italia. I tifosi corrono impazziti, un fotografo immortala Tommaso Maestrelli con le braccia al cielo. La Lazio è Campione d'Italia. Pulici; Petrelli, Martini; Wilson, Oddi, Nanni; Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D'Amico. La Lazio è Campione d'Italia. A disposizione: Moriggi, Facco, Polentes, Inselvini, Mazzola II, Manservisi, Franzoni. La Lazio è Campione d'Italia. In panchina Tommaso Maestrelli, presidente Umberto Lenzini. La Lazio è Campione d'Italia. Da quel 12 maggio sono trascorsi 38 anni. Un'eternità. Nel senso che quel momento, quel triplice fischio è diventato eterno. Essere laziale è anche, soprattutto, conservare le proprie tradizioni, custodire gelosamente la propria Storia. Come se quel 12 maggio del 1974 non fosse mai passato.