Lazio, Inzaghi cura l'approccio alle partite. Ma quante dormite sul finale...
Inzaghi ormai si sa, è un abile trasformista. Anche senza spostare di una virgola le pedine del suo sistema di gioco, nell'arco di una stagione è riuscito a creare tante Lazio diverse come se non avesse una sola squadra a disposizione, ma l'intero parco giocatori della Serie A. Una girandola di uomini e atteggiamenti tattici di cui, probabilmente, avrebbe fatto volentieri a meno, essendo atta più a colmare delle lacune che per effettivo desiderio di cambiamento. Capita allora paradossalmente di vedere in un anno due Lazio agli antipodi, che non si assomigliano se non per la maglia che indossano i suoi giocatori ma che anzi, si escludono a vicenda.
QUALITÀ E APPROCCIO - L'ultima Lazio è quella in versione fantasia: Luis Alberto e Milinkovic insieme a Correa e Immobile, con buona pace di Parolo relegato a riserva di lusso. E funziona. La squadra che faticava tremendamente a creare trame offensive, tanto naturali lo scorso anno, rinasce un pomeriggio di dicembre. Lazio-Cagliari è il primo passo di un mutamento radicale, perché dopo 23 minuti sta già 2-0. I biancocelesti sconfessano se stessi, e passano da un approccio poco incisivo - fino a quel momento, considerando esclusivamente i primi tempi, sarebbero stati solo a +2 dalla zona retrocessione - all'entrare in campo concentrati e determinati, cercando di imporre fin da subito la loro qualità.
DETERMINAZIONE DA PREMIER - Gli infortuni delle settimane successive hanno solo rallentato un processo inevitabile, la Lazio è passata dal regalare i primi 45 minuti a farne un cavallo di battaglia. Prima della sconfitta contro la SPAL, i ragazzi di Inzaghi avevano chiuso in vantaggio 7 primi tempi consecutivi, la striscia più lunga d'Europa davanti ad Arsenal (6) e Liverpool (3). A conferma del dato sono emblematiche la vittoria schiacciante del derby e il colpaccio esterno contro l'Inter, due partite perfette sbloccate nel primo quarto d'ora e poi gestite arrotondando o amministrando il risultato. Ma non solo, anche contro Parma e Fiorentina il copione è pressoché identico: Lazio inarrestabile nella prima frazione, poi però deconcentrata nella seconda. E se nel primo caso il gol di Sprocati non ha spostato chissà che cosa, a Firenze Muriel avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme.
IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA - Da agosto a dicembre 2018 i biancocelesti costruiscono punti importanti nell'ultimo quarto d'ora, con 7 gol segnati (tra cui il pareggio di Correa contro il Milan). Nel 2019 invece l'unico gol nel finale è quello del 3-0 di Cataldi contro la Roma, trend completamente invertito e che nelle ultime giornate sta evidenziando un dato preoccupante: a Ferrara la squadra di Inzaghi ha terminato il quarto secondo tempo consecutivo senza bucare la rete. Hanno fatto pggio, in Europa, solo Dijon, Rayo Vallecano e Chievo, tutte con un piede in Serie B. Al contrario ora la Lazio subisce di più, cala d'attenzione quando dovrebbe mettere in ghiaccio la partita ed è la sesta squadra in Serie A ad aver incassato più gol nei 20 minuti finali (13 dei 30 totali). Un dato ancora più preoccupante, considerando che in questo modo ha perso ben 11 punti. Solamente tenendo conto dei gol presi allo scadere contro Sampdoria, Juventus, Genoa e Spal, i biancocelesti hanno gettato al vento 5 punti tanto evitabili quanto pesanti in ottica quarto posto. Nulla è compromesso ma il tempo adesso è poco, Inzaghi deve fare l'ultima magia cercando di unire i pregi delle sue due Lazio. Cattiva nell'approccio e attenta nelle fasi conclusive della partita. Non c'è più spazio per i difetti.