Lazio, quando l'arte distrugge fragili convinzioni: il derby ribadisce la Storia

15.04.2025 08:00 di  Redazione1 Lalaziosiamonoi   vedi letture
Lazio, quando l'arte distrugge fragili convinzioni: il derby ribadisce la Storia

Quando su Curva Nord, distinti e Tribuna Tevere si è dispiegata una delle scenografie più belle mai apparse in uno stadio di calcio, mentre con dei cartoncini il tifo laziale riproduceva i luoghi più iconici di Roma, accompagnati da scene d’amore, di fratellanza, di genitorialità legate tra loro da un conduttore unico chiamato Lazialità, dall’altra parte si infrangevano convinzioni. Perché le mode servono anche a sopperire le questioni irrisolte con la propria identità, con le proprie origini e ieri ancora una volta, prima del fischio d’inizio, il tifoso romanista ha dovuto fare i conti con la realtà. Sul loro telone apparivano alcuni giocatori con le maglie di Alba, Fortitudo e Roman, a celebrare una fusione voluta da un gerarca abruzzese, dall’altra appariva Roma e la romanità di chi questa città ce l’ha nelle vene. La moda di uniformarsi al pensiero unico, al gregge, di farsi forti nelle menzogne e nel numero, può illudere coloro che la seguono, illuderli che la loro sia la versione giusta della storia, che siano loro i figli legittimi di una città che invece a loro non ha mai dato luce.

Perché per essere figli bisogna nascere, non bisogna imporsi; per essere figli non c’è bisogno di apparire, si deve essere e basta. La Roma non è nata da Roma, anzi la Roma non è mai nata. La Roma è stata imposta per volere politico, per decisione di un forestiero, di un uomo nato e cresciuto all’ombra del Gran Sasso, nelle valli che scendono verso l’Adriatico. Questa è Storia. Come è Storia che la Lazio sia nata a Roma, per volere di cittadini romani. Ma, discorso sulle origini a parte, quel che colpisce è il dolore della consapevolezza. Quello che genera nei tifosi romanisti prendere atto che le menzogne, le narrazioni cinematografiche sui laziali burini, forestieri, figli della provincia siano delle scemenze. La Lazio non è solo la prima squadra di Roma, se vogliamo è davvero l’unica squadra di Roma. L’unica nata dentro Roma per volere di ragazzi nati a Roma. E che abbia tifosi anche nella regione non è solo vero, ma anche un vanto.

Eppure la storia dice che la Lazio è l’unica vera figlia di Roma, nata nella culla dell’Urbe per poi irradiare la propria bellezza anche oltre i confini della città. Per questo quella scenografia commovente, creata dal tifo organizzato, è quanto di più iconico e vero potesse apparire sugli spalti dell’Olimpico, migliaia di cartoncini e decine di stendardi a rappresentare il legame indissolubile tra Roma e la squadra che la rappresenta. Un legame che non è mai stato rimarcato in modo forzato, persino ridicolizzato a volte, come accaduto invece dall’altra parte. Non c’è mai stato bisogno di ribadire l’ovvio, di appropiarsi di un nome, di tatuarsi gladiatori, di rincorrere l'apparire in film e serie tv. No qui, quanto noto da sempre, si è deciso di tradurlo in arte, distruggendo le fragili convinzioni di chi a Roma ha imposto la propria presenza.