Astutillo Malgioglio: "Ho affrontato un momento difficile, ma adesso ho ricominciato ad assistere i disabili"

"L’allenatore aveva paura di bruciarmi, ma il mitico preparatore dei portieri, Battara, gli disse: ma cosa vuoi che si bruci, con quella faccia da c..o!". Scherza così Astutillo Malgioglio. Ex portiere di Roma, Lazio, Inter, Atalanta, Brescia tra i club nei quali si è avvicendato. Fino al ritiro nel 1992, e un impegno che lo occupa da almeno 15 anni prima: assistere i disabili. Nel 1977, "Tito" visitava un centro per portatori di handicap. Una giornata che fece scattare qualcosa in lui e che lo portò alla fondazione dell'associazione Era77, attiva ancora oggi. Anche se qualcosa è cambiato: "Ho tenuto aperta la palestra per disabili fino al 1994, poi ho iniziato a lavorare a domicilio. Il 15 febbraio c’è la riunione con i miei amici per la raccolta fondi a Pompiano, nel bresciano". Il classe '58 ha parlato della sua attività fuori dal campo, ma anche del suo passato tra i pali, in un'intervista ai microfoni del Corriere della Sera. Passato che, nonostante qualche errore, non chiama rimpianti: "Tutte le scelte che ho fatto in carriera sono state ‘’extracalcistiche’’ e qualche errore l’ho commesso, ma non ho rimpianti. A Brescia sono stato eletto portiere del secolo. Alla Lazio ho seguito Simoni in B, rifiutando il Bari in A e ho sbagliato: come quella famosa volta in cui ho sputato sulla maglia biancoceleste perché mi insultavano proprio per il mio impegno sociale. Un incubo". Qualche acredine anche con Trapattoni, ai tempi dell'Inter. Momenti che l'ex portiere ricorda con piacere, anche se "appena sbagliavo qualcosa, sapevo quello che avrebbero detto: è un bravo ragazzo, ma pensa troppo ad altro… Le incomprensioni non sono mai mancate, anche se io non ho mai saltato un allenamento. Però riconosco che per i mezzi tecnici che avevo potevo fare di più". E nel presente, Astutillo ha dovuto mettersi alle spalle un momento difficile. Ma una volta lasciatosi la crisi psicologica alle spalle, la vita continua: "Pensavo di non venirne fuori. Ma ora ho ripreso ad aiutare gli altri con mia moglie Raffaella e sono molto felice. Mettiamo a disposizione la nostra esperienza: il Signore mi ha dato questo talento, mi ha detto di fare queste cose e io sono contento di servirlo. Mi sento libero, mi viene naturale. Ma le cose straordinarie le fanno i missionari o i dottori che salvano le vite, non certo io". Gesti autentici, lontani dai meccanismi asettici che spesso appartengono al calcio: "Come la doccia ghiacciata dei vip per la Sla. Per me contano solo i gesti, anche piccoli, che vengono dal cuore", spiega. Perché per lui è naturale metterci il cuore, lo faceva sul campo e continua a farlo, fuori dal rettangolo di gioco. D'altronde, il suo spirito è rimasto lo stesso: "È vero, ho sempre usato le mani. E continuo a farlo. In campo come portiere e fuori: stando in mezzo alla gente che soffre, dando tutto me stesso. Perché, come dice il mio padre spirituale, le mani bisogna sporcarsele, mettendole anche nella m…".
SEGUICI SUI NOSTRI ACCOUNT UFFICIALI FACEBOOK E TWITTER!