Pasqua e Lazio: dalla croce alla rinascita, sempre con l’aquila sul petto

La Pasqua, per chi crede, è resurrezione. Il ritorno alla vita dopo il dolore. La luce che squarcia il buio. Per i laici è un concetto diverso, ma il senso resta: la possibilità di rinascere dopo un colpo al cuore. Di rialzarsi, sporchi, feriti… ma vivi. È il simbolo eterno del riscatto. È il riscatto che oggi serve alla Lazio. Perché giovedì sera, in quella maledetta notte dell’Olimpico, il cuore biancoceleste ha smesso di battere per un attimo.
La Lazio aveva scalato l’inferno. Aveva ribaltato il 2-0 dell’andata con orgoglio e rabbia. Tre gol, uno subito. Aveva vinto la partita vera.
Poi, la più ingiusta delle sentenze: i rigori. Una roulette che non conosce merito, talento o cuore. Una condanna cieca, dove a decidere è il caso. E stavolta, il caso ha scelto gli altri.
È caduto un sogno, sì. Ma non è caduta la Lazio.
Perché questa è una squadra giovane, affamata. Che inciampa, ma si rialza. Che sbaglia, ma impara.
E oggi – proprio oggi che è Pasqua – deve farlo.
Perché si può crollare… ma poi si risale. E chi ha il fuoco dentro, non si spegne mai.
Baroni e i suoi devono tornare a crederci. Questa squadra ha infiammato una città intera. Ha acceso speranze, ha ridato orgoglio.
Ha un’identità. Ha un popolo. Ora deve ritrovare fame e coraggio. Non per dimostrare qualcosa agli altri, ma a sé stessa.
Genova è già lì. Il campionato chiama. L’Europa è ancora viva. Il sogno è ancora lì.
Adesso serve solo una cosa: ritrovare il fuoco.
Pasqua è la festa della rinascita.
E allora… che sia la nostra.
Perché la Lazio si piega, ma non si spezza. Sanguina, ma non cede. Cade, ma si rialza.
Buona Pasqua, Lazio.
E buona Pasqua a chi la ama davvero.
Perché chi ama… resta sempre.
Risorge e non muore mai.