Lazio, Lotito: “Razzismo? Tolleranza zero, fuori le mele marce dallo stadio”
Durante la conferenza stampa all'Olimpico, il presidente della Lazio Claudio Lotito è intervenuto ai microfoni dei giornalisti presenti. Il numero uno biancoceleste è tornato sul comunicato in cui lunedì annunciava la propria posizione dopo l'indagine aperta dalla Uefa: "Pensare che un comunicato stampa risolva un problema di mentalità è completamente errato. Quando sono entrato in questo sistema ho combattuto la logica automatica della responsabilità oggettiva. Ognuno deve essere responsabile delle azioni che fa o di quelle che non fa nel momento in cui accetta passivamente delle situazioni senza volerle cambiare. Dal momento che la società si è dotata di tutta una serie di strumenti di carattere di controllo e organizzativo che hanno un costo economico, di tempo e quant'altro, proprio per evitare che ciò accada, io non posso rispondere del comportamento di un singolo. Nello stadio ci sono 30 mila persone, 40 mila persone. Se dieci persone, perché stiamo parlando di una trentina di persone, commettono un atto improprio, la società non c'entra nulla. Soprattutto vengono penalizzate le persone perbene che vanno allo stadio, che hanno rinunciato a comprare un paio di scarpe al figlio per poterselo permettere, ma che non possono entrare perché chiudono lo stadio. Non è una cosa giusta. La società ha messo in campo una serie di azioni, non oggi ma da sempre. Questo è incontrovertibile, lo dice tutto il mondo nei miei confronti. E allora perché è la società a dover pagare?" .
LAZIO, LOTTA AL RAZZISMO - "Quello che posso fare, e l'ho fatto, è andare a individuare i responsabili. Se non avessi messo in campo nulla per evitare che ciò accadesse, ci sarebbe la responsabilità della società, ma qui le responsabilità sono individuali. Metto in campo una situazione organizzativa che conoscono tutti e che dovrebbe impedire il ripetersi di certi episodi che poi purtroppo, siccome non è che posso mettere un poliziotto per ogni spettatore, si verificano. Tra l'altro, noi quel giorno abbiamo fatto entrare in campo i ragazzi di ogni etnia, proprio per dimostrare la lotta al razzismo. Il vero problema è la stupidità delle persone. Ci sono ragazzi che non sanno nemmeno cosa fanno. A meno che non lo facciano coscientemente, allora si scade nel penale".
CODICE ETICO - "La società si è data un codice etico, chi non lo rispetta viene espulso dallo stadio. Non lo facciamo più entrare. Possiamo farlo, una norma lo prevede. Io cerco di collaborare con le forze dell'ordine per individuare i colpevoli. Io devo tutelare le persone perbene che vanno allo stadio con la propria famiglia, che vogliono tifare la Lazio e al quale non deve essere impedito di fare questo. Soprattutto, perché la Lazio deve avere un danno patrimoniale e d'immagine? All'estero, noi siamo considerati la squadra di razzisti e questo non è vero. Siamo la squadra opposta, facciamo cose che in pochissimi fanno. Per esempio, l'altra volta in Campidoglio la presentazione del progetto con i non vedenti. Noi li portiamo allo stadio, affiancati a uno speaker che racconta loro la partita. Andiamo negli ospedali, negli ospizi, dalle persone disagiate. Facciamo tante cose, sempre in silenzio, perché non dobbiamo rivendercele mediaticamente. Ma non vogliamo nemmeno venir etichettati come persone che fanno l'esatto opposto, attribuendoci comportamenti che nulla hanno a che fare con la storia della nostra società. Siamo un ente morale, non è un fatto teorico, è un fatto reale. Per quale motivo non dobbiamo difendere questo?".
TOLLERANZA ZERO - "La comunicazione non deve riprendere tutte le cose negative, questo significa enfatizzare un comportamento illecito, anche da codice penale. Voi dovete mettere in risalto il comportamento delle persone sane. Questo è il calcio. All'estero non succedono certe cose perché appena qualcuno sbaglia viene preso e buttato in carcere. Per quanto ci riguarda, da ora in poi tolleranza zero. Abbiamo acquisito in società il prefetto D'Angelo, non è un caso. Ho fatto una scelta di campo, ho deciso da che parte stare. Noi apparteniamo al campo della legalità, del rispetto delle regole, della trasparenza, della formazione, della crescita sociale. Non possiamo dare quell'esempio. Dall'esterno sento i soliti commenti: "La Lazio, i soliti razzisti". Ma quali razzisti? Per questo, chi sbaglia paga. Se sbagli una volta, può essere un errore. Ma se continui, significa che qualcosa non funziona e non meriti di stare dentro uno stadio. Noi ci costituiremo parte civile, per i danni patrimoniali e alla nostra immagine. Le persone saranno individuate e pagheranno. Sono quindici anni ormai, ma a tutto c'è un limite. Abbiamo avuto una grande evoluzione, con la tifoseria, e io questo lo so. Ma infatti, qui non si parla di tifoseria, è una sparuta minoranza che determina questi disagi. La tifoseria della Lazio non ha nulla a che vedere con questi atti, perché è una tifoseria sana, solidale, che supporta le persone con problemi. Quindi, non è giusto. Le mele marce vanno eliminate dal punto di vista legale. Non consentiremo più a nessuno di sporcare l'immagine della Lazio.
LAZIO, CONSAPEVOLEZZA - Si parla anche di campo: "Cosa manca alla Lazio, che ha potenzialità ma anche cali di rendimento? La determinazione, la coscienza dei propri mezzi. C'è un processo semplice a carattere psicologico:, o c'è sovrastimazione dei propri mezzi o non hai coscienza dei tuoi mezzi. Oltre alla grande potenzialità bisogna essere portati al combattimento. Tutte le rappresentazioni mediatiche non vedono mai la Lazio, ai miei collaboratori dico che è un bene. Meglio essere dimenticati, così nessuno è preoccupato a ostacolarci. Quando uno vuole raggiungere un obiettivo, oltre alle potenzialità tecnico e sportive, deve avere quelle mentali. Determinazione, autostima, coscienza dei propri mezzi, umiltà. L'umiltà è fondamentale: se in un contesto ti rendi conto che l'avversario è più debole ma non lo traduci in risultato significa che hai sottovalutato il fatto, non hai messo in campo il sano agonismo, la sana determinazione, fondamentale per raggiungere gli obiettivi. Gli obiettivi si raggiungono con la qualità, ma anche con il convincimento che si raggiungano tutti insieme. Con lo spirito di gruppo, non con l'individualismo. Quando hai una squadra che lavora all'unisono, anche il magazziniere, anche il medico, la società, i tifosi. Voler raggiungere un obiettivo per dimostrare che uno è più forte degli altri non conta. Qui si vince tutti insieme, il risultato è di tutti. Pensate, l'errore di uno condiziona il lavoro di tutti".
LAZIO DA COMBATTIMENTO - "Avere coscienza di sé stessi è fondamentale. Con tutto il rispetto, io forse ho una volontà completamente diversa di dimostrare le cose. Attraverso i fatti concreti, senza proclami. Ci sono delle squadre partite con delle logiche, poi però ci sono anche i fattori imponderabili, i pali, le traverse, gli episodi. Ma non è pensabile che se sei concentrato per raggiungere un obiettivo non lo raggiungi. A maggior ragione se hai le qualità per farlo. Con il mio carattere non capiterebbe mai. E' una caratteristica che sta nel mio dna. Sono stato forgiato a fare questo. Bisogna allenare la mente e lo spirito, devi essere cosciente di cosa puoi fare. Certo, anche dei tuoi limiti. In una squadra di calcio è fondamentale. Ognuno è fondamentale per raggiungere l'obiettivo, non c'è uno che conta più degli altri. Dove non può il re può il fante, la vita funziona così. Se tutti agiscono all'unisono, anche chi sta in panchina è determinante. Bisogna che la squadra acquisisca questa mentalità, mentalità vincente. Io lo dico sempre, la vita è un set di un film. C'è chi fa lo spettatore, chi la comparsa e chi il protagonista. E i protagonisti sono molto pochi. E' un problema di dna. Devi forgiare le persone in quel modo, un po' come quando si addestrano i cani, c'è quello da salotto, da passeggio e da combattimento. Fino a quando non fischia l'arbitro, tu devi essere da combattimento".
LAZIO, LOTITO ALLA CONFERENZA CALCIO-EDUCAZIONE-CULTURA
Pubblicato il 10/10 alle 16:45