Lazio - Rovella, i dirigenti della sua infanzia: "Leader e stakanovista da sempre. Lui..."
Nicolò Rovella ha compiuto 23 anni ed è già un leader. Il centrocampista è sempre più centrale nella Lazio di Marco Baroni. Arrivato nell'estate del 2023, il numero 6 ha acquistato sempre più importanza all'interno del gruppo. In coppia con Guendouzi forma ormai una delle coppie più collaudate della Serie A. Muscoli e polmoni al servizio delle aquile. La Lazio lo ha completamente conquistato e la lazialità gli è entrata dentro. Nicolò è stato completamente travolto dal mondo Lazio tanto da definirsi un tifoso aggiunto o un "Ultras in campo" come ha detto l'amico e compagno di squadra Luca Pellegrini. Per capire meglio l'evoluzione che lo ha portato a questi livelli siamo andati un po' a ritroso per scoprire dove è nata la tigna e la determinazione che mostra sul rettangolo verde. Nato a Segrate, Rovella si è innamorato presto del calcio. La vicinanza con San Siro ha aiutato e l'Inter sembrava essere nel suo destino. Nel 2005 entra nel settore giovanile dell'Accademia Internazionale Milano, società giovanile dell'hinterland milanese molto vicina ai nerazzurri. La sua carriera inizia così sui campi di Via Francesco Cilea dove ancora se lo ricordano bene.
Vincenzo Tridico, direttore Sportivo del club, ci racconta i nove anni vissuti tra le fila della sua squadra: "Nicolò è arrivato che era un bambino. La famiglia ce lo ha affidato vista la sua passione da piccolo per l'Inter. Rovella è sempre stato uno che spiccava e sapeva farsi riconoscere tra tanti. La sua sfortuna è che in quegli anni si puntava su calciatori con caratteristiche diverse. I club cercavano tutti calciatori di stazza, molto alti, fisici. Puntavano più su un ragazzo alto e meno bravo tecnicamente rispetto che il contrario. Sicuramente la sua fisicità lo ha penalizzato in ottica Inter. Lui è sempre stato brevilineo, ma veramente un fascio di muscoli e nervi. Se qualcuno oggi si mangia le mani per non averci puntato? Probabile (ride, ndr)". I suoi risultati e la convocazione in Nazionale non lo sorprendono: "Nicolò è sempre stato uno che spiccava tra tanti: un vero trascinatore sia dal punto di vista caratteriale che tecnico. Non mi sorprende dove è arrivato anche perché è uno che non si è mai spaventato di lavorare tanto. Faticando è cresciuto tanto e adesso è dove merita".
Le tappe della sua carriera sono state fondamentali secondo Tridico: "Forse non andare subito a una super big che ogni anno lo parcheggia in una piazza diversa ha fatto la differenza. Il Genoa è stata la sua fortuna, la maturazione graduale gli ha permesso di fare degli step giusti senza sbalzi che lo hanno reso più pronto per la Juve e la Lazio, con in mezzo la parentesi al Monza. In biancoceleste ha trovato uno come Baroni che lo sta gestendo in maniera intelligente. Fatemi dire che voi alla Lazio siete fortunati ad avere un allenatore come lui . Lo scorso anno lui e Sogliano hanno fatto i miracoli a Verona, veramente una stagione al top e secondo me sono tra i migliori attualmente in Italia". La rincorsa dell'avversario, il pressing asfissiante e i kilometri percorsi sono le principali caratteristiche di Rovella, ma Tridico aggiunge: "Ha un'intelligenza calcistica oltre la media. Nicolò è molto bravo a calarsi in quello che lo circonda sia in campo che fuori. Mai una parola fuori posto, sa farsi voler bene da tutti. Non mi stupisce come sia in sintonia con la Lazio e con tutto l'ambiente. Se invece devo parlare solo dell'aspetto tecnico - tattico, la cosa che ha sempre avuto è la sfrontatezza. Lui non è un comprimario, ma un protagonista e un leader. Anche da piccolo era sempre lui a chiamare la palla e a farsela dare, questa è una cosa che aveva fin da bambino".
Nicolò cresce nell'Accademia e piano piano scopre Modric che diventa il suo idolo e le arti marziali. Guardare i combattimenti di MMA diventa presto una passione al pari del tennis, ma solo nel calcio riesce a esprimersi così decide di cambiare maglia e di passare all'Alcione Milano. Anche con la maglia arancione Rovella lascia ben presto il segno come ci racconta Giancarlo Corbetta che era direttore generale dell'epoca: "Lo conoscevo dai tempi dell'Accademia Internazionale Milano e sapevo che tipo di giocatore fosse. Dopo un lungo corteggiamento siamo riusciti a portarlo nella nostra Under 15. Si sono create le giuste congetture e abbiamo capito che lui volesse fare un'esperienza diversa. Inizialmente c'era la paura di inserirlo nel gruppo perché lui conosceva benissimo gli altri compagni e tra i due club c'è una sorta di rivalità a livello giovanile. Si tratta quasi di un derby e poteva non essere accettato dagli altri. Beh Rovella è talmente carismatico e di personalità che dopo una settimana di ritiro con i compagni era già leader del gruppo. Dal vivo mi ha impressionato. E pensare che eravamo preoccupati. Ci siamo accorti subito delle sue potenzialità che erano e sono molto alte, ma poi ha una personalità fuori dal comune".
Il centrocampista è sempre stato uno che fa del lavoro uno dei suoi punti di forza e l'allenamento è la chiave del successo. Corbetta ricorda: "Per lui non c'era differenza tra partita e allenamento. Ogni seduta era come la finale di Champions League. Ha sempre dato tutto e la determinazione che vedete in campo oggi la aveva anche da bambino. Lui mentalmente è sempre a 1000 contro tutte le avversarie, dalle grandi a quelle più piccole. Non è uno che sottovaluta o si risparmia, dà sempre tutto sul campo. Si parlava di lui fin da bambino, ma l'idea di calcio e la tipologia di calciatore ricercato in quegli anni non gli ha permesso subito di arrivare a una big. Quando sei un calciatore del suo livello, però, la tua occasione arriva e devi farti trovare pronto". Il passaggio al Genoa è stato decisivo: "Ciccio Bega lo ha notato al Genoa e lo ha voluto provinare in rossoblù prima degli altri. Dopo pochi minuti di allenamento lo hanno preso parlando con i genitori e impegnandosi a prenderlo all'inizio della stagione successiva. Michele Sbravati, che ora è con Giuntoli alla Juve, lo ha scelto subito e gli fece provare immediatamente la maglia numero 6 del Genoa". Una squadra storica come quella ligure gli ha aperto le porte dopo tanti no ricevuti in precedenza. Fondamentale nella scelta anche l'apporto della famiglia: "Se Nicolò è il calciatore e il ragazzo che vediamo grande merito va alla famiglia. La mamma era una sportiva e anche il papà ha fatto il giocatore fermandosi alla Serie D. Me lo ricordo che ripeteva al figlio di non montarsi la testa perché nel mondo del pallone un giorno sei sull'Olimpo e magari il giorno dopo nessuno si ricorda di te. Quindi rimboccarsi le maniche e lavorare sono sempre stati un mantra che hanno permesso al ragazzo di fare un percorso sereno e con le tappe giuste".
Nel 2016 poi arriva la finale della coppa delle Regioni con la Lombardia che vince per la prima volta ai calci di rigore ai danni del Lazio. Rovella è protagonista con un gol su punizione nel finale che permise poi ai meneghini di alzare il trofeo ai penalty: "Si giocava a Catanzaro e lui fece una partita mostruosa. Prese 10 in pagella dai giornalisti presenti e, neanche a dirlo, era pieno di osservatori. Tutti si sono accorti di lui e sono tornati alla carica, ma il ragazzo era in parola con il Genoa e ha rispettato la promessa andando ai rossoblù. Poi insomma il resto della storia lo conoscete tutti e adesso alla Lazio potete godervelo alla grande perché sono convinto che con la sua testa potrà crescere ancora e trascinare la squadra".
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