ESCLUSIVA - Jugovic e le sfide contro l'Inter: "Ecco perché perdemmo a Parigi, ma questa Lazio..."

Immaginate: Nedved, Rambaudi, Venturin, Almeyda, Okon e Jugovic. Mediana di corsa e talento, contestualizzateli in questa Lazio e sognate. Magari prepariamo una succulenta macedonia di campioni con i vari Hernanes, Candreva, Ledesma. Storie di Lazio, storie di centrocampisti che hanno insegnato l’arte del taglia e cuci, dell’assist prelibato o dei cross al bacio. Vladimir Jugovic in campo sapeva fare di tutto: centrocampista che amava inserirsi, difficilmente paragonabile a calciatori attuali. Proveniva dalla scuola prestigiosa della Stella Rossa, con la quale si laureò campione d’Europa a soli 23 anni.
RICORDI AMARI – La Lazio lo acquistò nell’estate del 1997, dopo esperienze importanti tra Sampdoria e Juventus, fortemente voluto da Sven-Goran Eriksson che lo aveva allenato in blucerchiato. Una squadra densa di talento, ma che deluse un po’ le aspettative. Settimo posto in campionato, una Coppa Italia vinta contro il Milan, miele somministrato dopo il fiele ingurgitato nella finale di Parigi. Era il 6 maggio 1998 e la Lazio crollò sotto i colpi dell’Inter di Ronaldo and Co., in uno scontro tutto italiano per aggiudicarsi la Coppa Uefa. Vladimir Jugovic, nonostante i numerosi trofei vinti (tra cui due Coppe Campioni, ndr) ricorda ancora quella sconfitta, con un rammarico mai svanito, come racconta in esclusiva ai microfoni di Lalaziosiamonoi.it: “Si mi ricordo, prima in campionato abbiamo vinto 3-1, abbiamo vinto la finale di Coppa Italia contro il Milan, e dopo eravamo un pò svuotati, per questo abbiamo perso 3-0, non avevamo più energie. Fino a quella finale di Coppa Italia la Lazio non era abituata a vincere sempre, per questo si è un pò scaricata prima di quella finale europea, anche se poi l'Inter anche fisicamente stava molto meglio di noi”. La rosa avrebbe potuto competere per lo scudetto, ma alla fine non insidiò il duetto di testa composto da Juventus e Inter, registrando una scarsa continuità:” Non era ancora una Lazio completa, mancavano un pò di pezzi, perchè non si può andare fino in fondo in 3 competizioni. L'anno dopo sono arrivati altri giocatori, per questo ha vinto tanto. L'anno della finale di Parigi era ancora l'inizio, non era una squadra completa, non riusciva ancora a giocare tre competizioni".
DOPPIO EX – Jugovic dopo quell’unica stagione in biancoceleste visse un’esperienza a Madrid sponda Atletico, salvo ritornare immediatamente nella sua amata Italia. Stavolta c’era l’Inter ad aspettarlo, due stagioni che non portarono successi, in una squadra che non sapeva più vincere. Sabato due delle sue ex squadre si sfideranno, in una sfida al profumo d’Europa, o forse più: “Un pronostico? Tutte e due sono squadre importanti, dipende dal momento, in questi periodi invernali, prima delle feste, potrebbero essere anche partite un pò strane con il freddo. Secondo me sarà una partita bella e importante, ma non sono uno che fa pronostici”. Per l’ex centrocampista è ancora presto per fare previsioni, anche se le rosa della Lazio può competere ad alti livelli. Merito della dirigenza, capace di allestire un gruppo importanti con fondi ristretti, merito di mister Vladimir Petkovic, allenatore carismatico ma allo stesso tempo serafico, con l’aplomb da santone english style. Uno degli elementi che ha scatenato un confronto importante con Sven-Goran Eriksson, mister della Lazio da Jugovic allo scudetto del nuovo millennio: “Se lo paragonano è una bella cosa anche per la Lazio, speriamo che vinca il campionato come Eriksson, auguro alla Lazio e a Petkovic di vincere e avere la stessa fortuna dell'allenatore svedese”. Vola l’Aquila, a caccia di trofei, a caccia di gloria. Dalla mitica numero 21 di Jugo, alle evoluzioni dei nuovi campioni. Trovare un nuovo Jugovic, simile per caratteristiche, è anacronisticamente impossibile: “Ho visto la partita Lazio - Maribor, secondo me ogni generazione ha giocatori importanti in quel ruolo, ci sono giocatori bravi che non devono assomigliare a nessuno”.