Lazio, Curva Nord tra arte e cultura: storia e significato della coreografia
Uno spettacolo pazzesco, ma tanto ormai siamo abituati. Tra storia e cultura, a pochi minuti dal fischio d'inizio di Lazio-Roma, l'Olimpico si trasforma nel Louvre di Parigi e illumina la scena con una scenografia mozzafiato. L'ennesimo gioco di colori biancocelesti stavolta a incorniciare il toccante discorso di Enrico V, Re d'Inghilterra, prima di una battaglia decisiva in Francia nel giorno di San Crispino. Al centro il disegno dell'esercito pronto a dare tutto per la propria patria. Dietro a questa scelta della Nord c'è un significato molto profondo che sicuramente, a primo impatto, in pochi sono riusciti a cogliere. E' il 1415 e nei pressi di Agincourt (Francia) si sta per combattere una battaglia decisiva tra inglesi e francesi. Le forze in campo però non sono proporzionate: i secondi, infatti, sono un numero molto più elevato. Gli uomini di Enrico V hanno il morale a terra e non credono nella vittoria finale. Combattere su un suolo straniero contro un esercito molto più numeroso e attrezzato sembra una missione impossibile. E allora il Re si fa coraggio, chiama a raccolta i suoi e si esibisce in un discorso straordinario rispondendo a coloro che rimpiangono il non essere in un numero maggiore.
Il tutto accompagnato dalla penna senza tempo di William Shakespeare. Il discorso, infatti, è stato scritto e reso noto al pubblico dall'immortale drammaturgo inglese. La Curva laziale ha scelto questo tratto di storia ricco di significato per caricare e la squadra verso la vittoria di una stracittadina importantissima. Enrico V sottolinea e abbraccia l'importanza di essere pochi, il lottare insieme come fratelli al di là dei numeri, perché quasi sempre a fare la differenza è la qualità e non la quantità. La Nord, non di certo nuova a questi spettacoli di storia, ricondivide il messaggio, rendendolo attuale e sbattendolo in faccia a quelli del "Eh ma noi semo de più". La Lazio ha vinto ancora, in campo e fuori, anche perché dall'altra parte è mancata una valida risposta. Pezzo di storia e di cultura, ma soprattutto un insegnamento di vita perché a tutti è capitato o capiterà di trovarsi nel 1415 ad Agincourt.
"Eh no, mio caro cugino. Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente; e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria. In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più di quelli che siamo... Noi pochi, noi felici pochi, noi manipolo di fratelli".