È morto Papa Francesco: voce di speranza, pace e serenità

Oggi il mondo si stringe in un abbraccio silenzioso. È il giorno in cui la voce di Papa Francesco si spegne sulla terra, ma continua a riecheggiare nei cuori di chi ha creduto nel suo messaggio, nella sua semplicità e nella sua umanità. Un uomo venuto dalla “fine del mondo”, che ha cambiato il volto della Chiesa, ricordandoci che la fede non è solo liturgia, ma concretezza, vicinanza, amore per gli ultimi. Il Papa del sorriso, della misericordia, della rivoluzione umana. Il Papa che ci ha insegnato a non avere paura, che ci ha detto: "Non lasciatevi rubare la speranza." Un Pontefice che non ha mai avuto paura di scendere in mezzo alla gente, di sporcarsi le mani con i problemi reali del mondo, di ascoltare, di accarezzare il dolore di chi soffre. La sua Chiesa non era fatta di mura dorate, ma di strade polverose, di vicoli in cui la disperazione cercava una mano tesa.
Un uomo prima che un Papa, un pastore prima che un’autorità. Il Papa e il calcio: una passione vera Chi ama il calcio non può dimenticare il legame di Papa Francesco con il pallone. Argentino, tifoso del San Lorenzo, squadra della sua Buenos Aires, il calcio per lui non era solo sport, ma una scuola di vita, uno strumento di fratellanza. Una metafora della solidarietà, del gioco di squadra, del sacrificio per il bene comune. Anche il mondo Lazio ha avuto il privilegio di incontrarlo. Era il 15 maggio 2019, quando una delegazione biancoceleste venne ricevuta in Vaticano dopo la vittoria della Coppa Italia. Un momento indimenticabile, un’udienza speciale in cui Papa Francesco, con quel suo sorriso umile e disarmante, strinse la mano ai giocatori e allo staff. Tra loro c’era Simone Inzaghi, il capitano Senad Lulić, l’allora presidente Claudio Lotito. In quell’occasione, disse parole che oggi risuonano ancora più forti: "Lo sport ha un valore enorme: insegna a lavorare insieme, a sacrificarsi l’uno per l’altro, a non sentirsi mai soli."
Ecco chi era Jorge Mario Bergoglio. Un uomo che, anche nei piccoli gesti, ha mostrato che la grandezza non sta nel potere, ma nella capacità di guardare l’altro negli occhi. Un addio che è un’eredità Oggi il mondo piange, ma il Papa del popolo ci lascia un’eredità immensa. Ci ha insegnato che la fede si vive con i gesti, non con le parole. Ci ha ricordato che la Chiesa deve essere un ospedale da campo, dove curare le ferite di un’umanità fragile, non un tribunale di giudizio. Ha parlato di pace quando il mondo si riempiva di guerre, ha parlato di amore quando l’odio sembrava prendere il sopravvento. Ha detto ai giovani: "Fate chiasso, scuotete la Chiesa!" perché sapeva che il cambiamento nasce sempre da chi non si accontenta. E allora oggi, mentre il cuore si stringe, non dimentichiamo le sue parole, non lasciamo che la speranza ci venga rubata. Perché la sua voce, la sua dolcezza e la sua fermezza continueranno a vivere in chi ha capito che il vero potere è solo uno: quello dell’amore. Grazie, Papa Francesco. Oggi il cielo ha un nuovo angelo e un nuovo tifoso.
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