La vita fuori dal campo di Pellegrini: "Moda, musica, cibo, tatuaggi e la 'mia' Lazio"

25.04.2025 18:30 di  Andrea Castellano  Twitter:    vedi letture
La vita fuori dal campo di Pellegrini: "Moda, musica, cibo, tatuaggi e la 'mia' Lazio"
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"Ciao, sono Luca. Benvenuti a casa mia", inizia così 'Behind the Baller', lo speciale del Team Raiola dedicato al terzino della Lazio Luca Pellegrini, che apre la porta di casa sua a Roma. "Qui è dove vivo - dice mostrando il suo giardino -. Ci siamo trasferiti qui da poco, vivo con mia sorella Eleonora e la mia ragazza, Jennifer. Abbiamo progettato quest'estate di fare qualche festa con gli amici qui in relax con la piscina e la musica. Purtroppo non abbiamo potuto sfruttarla per ora perché il tempo non è dei migliori, anche se c'è il sole fa un po' freddo". Poi continua il tour dell'esterno: "Qui c'è un'altra parte con il Teqball. Mi piace giocare con i miei amici e sfidarli, con loro è più facile. Poi quando sarà bel tempo chiamerò anche qualche compagno di squadra, magari a stagione finita per dare priorità al nostro lavoro. Mi sono trasferito in questa zona perché è molto tranquilla, si sentono gli uccellini (ride, ndr.). Si sta molto bene, in relax, e poi è a 10/15 minuti dal campo ed è molto comodo per me. La comodità poi per me è una cosa importante, come nella vita di tutti".

Poi si passa in macchina, dove Luca inizia a raccontare la sua storia a livello calcistico: "Tra le influenze più grandi che ho avuto nel calcio c'è senza dubbio la figura di mio padre. Condividiamo la stessa passione, e già quando ero più piccolo lui mi dava qualche consiglio perché ha giocato a calcio da difensore. Io in realtà nella mia vita calcistica non nasco difensore e terzino sinistro, ma esterno alto. Poi ho capito che forse spostarmi dietro era meglio (ride, ndr.). Lui mi ha aiutato molto, anche nei momenti di sconforto è riuscito a tirarmi su. Mi ha dato dei consigli sul mio atteggiamento o su una semplice partita, sin da quando ero piccolo ci riguardavamo tutte le partite che giocavo per capire cosa potevo migliorare. Ora lo faccio da solo (ride, ndr.). Mi ricordo che spesso poi ci scontravamo su alcune cose, com'è poi normale in un rapporto padre - figlio. Avendo più esperienza, spesso alla fine aveva ragione lui (ride, ndr.)".

MINO RAIOLA - "Un'altra figura che ha avuto una grande influenza su di me è stato Mino Raiola. Vedeva cose nitide dove altri magari non riuscivano nemmeno ad arrivare con il pensiero. Era un luminare. Ho avuto la fortuna di conoscerlo quand'ero più piccolo, intorno ai 13/14 anni, insieme a Enzo con cui ancora mi interfaccio. La cosa che mi ricordo di più di Mino è la sua convinzione nelle cose che conosceva e diceva, era quasi spiazzante, a volte ti freddava. Almeno a me dava questa impressione. Ricordo nella mia prima trattativa con lui che quando sono andato via ero bianco in faccia per quello che aveva detto. Usava dei termini come quando io parlo con i miei amici, per intenderci. Mentalmente era un animale, ancora oggi mi meraviglia e mi impressiona pensare a come vedeva le cose. Poi ci sono state anche tante altre figure nel corso del tempo da cui ho rubato con gli occhi".

MUSICA - "Sono cresciuto con tanto rap, ascoltavo Noyz Narcos, Gemitaiz fino a Geolier, Marracash e Gue. Con il tempo ho imparato ad apprezzare vari stili di musica un po' diversi conoscendo anche lo spagnolo e l'inglese. Ho iniziato ad ascoltare anche tanta musica latino-americana. La musica è stata sempre una parte importante nella mia vita, perché per la maggior parte del tempo ho vissuto da solo. La musica mi faceva compagnia e mi aiutava a elaborare dei pensieri per cui non avevi parole per descriverli. Prima della partita però non ascolto nulla, mi piace concentrarmi, ripassare nella mia testa le cose che devo fare e magari vado a vedere gli avversari contro cui devo giocare. Agli inizi, quando giocavo al Cagliari, avevo la playlist salvata su Spotify di Noyz Narcos con tutte canzoni che mi caricavano, tipo 'Attica' e 'Zoo di Roma'. Tutti brani hard, spinti, e la vivevo bene lì per lì. Poi ho capito che tutta quella energia in realtà la disperdevo".

LE MAGLIE DELLA LAZIO - Nel giardino di casa Pellegrini tira fuori alcune sue vecchie maglie della Lazio: "Queste sono fantastiche, mi vengono in mente tanti ricordi, tante partite. È bellissimo vedere i nomi di Stam, Crespo, Nedved... Pavel l'ho conosciuto di persona quando giocavo alla Juventus, era il vicepresidente e avevamo lo stesso procuratore (Mino Raiola, ndr.). Guardandole penso ai tempi passati e a tanti grandi calciatori. Non ho parole per descriverle".

La parola ora passa a Simona, la sua chef, che spiega l'alimentazione di Pellegrini: "Per Luca prendiamo tutte cose da allevamenti naturali, verdura biologica. Oggi è festa per Luca con la carbonara, è uno dei suoi piatti preferiti. Non glielo faccio mai. Ha quattro diete, una a seconda del tipo di allenamento che fa. L'unica cosa che non c'è mai sono gli zuccheri. Per lui studio delle piccole praline tipo, dolci ma senza zucchero. Tutte cose selezionate tra me e la sua nutrizionista, io mi studio qualche ricetta così che Luca può essere un atleta a dieta felice". Il commento del terzino della Lazio sulla carbonara non tarda ad arrivare: "Veramente buona! Peccato che la fa solo la mia chef, mi dispiace per voi (ride, ndr.)".

E poi continua: "La mia cucina preferita è quella italiana, sicuramente. Mi piace anche quella giapponese, ogni tanto vado al sushi. Ho avuto anche la fortuna di fare una tournée in Giappone quando ero all'Eintracht Francoforte dove ho mangiato anche qualche piatto tipico. Di solito prima della partita faccio un bel carico di carboidrati. Se giochiamo la sera, alle 20:45, faccio una colazione dolce con yogurt greco, miele, fetta biscottata e frutta secca. Poi il pranzo è seguito dalla merenda, che è tipo una cena anticipata, mangio un bel piatto di pasta e niente verdure. Dovrei chiederlo alla mia nutrizionista perché".

LA CARRIERA - "Ho iniziato la mia carriera calcistica alla Roma, dove ho fatto tutto il settore giovanile lì dagli 11 anni ai 17/18. Ricordo che vincevamo ogni competizione che giocavamo, sono stato fortunato su quello. Ho esordito lì con la prima squadra, poi sono andato prima in prestito sei mesi al Cagliari e sono tornato per un anno. A Cagliari ho tanti bei ricordi, lì ho iniziato a capire forse per la prima volta di essere diventato un calciatore sia per le persone che ho conosciuto sia per i traguardi che abbiamo raggiunto. Abbiamo fatto delle bellissime cose, la gente me la porterò sempre nel cuore. Nel frattempo mi aveva comprato la Juventus, dopo di che sono andato al Genoa dove non ho trovato molta continuità. Ho preso il Covid all'inizio e ho avuto due infortuni gravi, non c'erano nemmeno i tifosi allo stadio purtroppo. Non me la ricordo come un'esperienza positiva, ma sicuramente è stata formativa. Per la prima volta però ho capito quanto fosse importante l'aspetto mentale per un calciatore. Alla Juve ho dei ricordi bellissimi dei compagni, dei tifosi e della società. Mi hanno insegnato molti bei valori che tutt'oggi mi porto dietro e se posso, nel mio piccolo, cerco di lasciare a qualcuno. Anche a Torino ho fatto un anno, ho giocato molte partite per quanto poco avevo fatto a Genova. Dopo di che mi sono spostato all'Eintracht Francoforte, al loro primo anno in Champions League. La prima partita contro lo Sporting Lisbona abbiamo perso 0-3, da italiano avevo paura che i tifosi ci fischiassero e invece tutto lo stadio si è alzato in piedi".

LA LAZIO - "La cosa che mi ricordo di più erano gli sguardi dei miei amici nelle chiacchierate e nelle telefonate nei giorni prima dell'ufficilità del mio arrivo. La maggior parte di noi tifosi della Lazio sognavamo questa cosa. Ricordo i fumogeni non tanto all'aeroporto, ma arrivati a casa mia con tutti i miei amici più stretti che mi hanno accolto. È stato l'inizio di una favola che ancora oggi continua e che spero possa continuare ancora per molto tempo.  Stiamo facendo bene, Roma è casa mia e non penso ci sia qualcosa che un calciatore possa chiedere di più rispetto a ciò che sto vivendo io".

Da casa di Luca si esce con il cane insieme a sua sorella Eleonora e la sua ragazza Jennifer: "Questa peste è Dandi - dice -. Ha fatto un anno la scorsa settimana, è il nostro primo cane. Io e mia sorella ne abbiamo sempre voluto uno da piccoli. Si chiama Dandi perché quando sono arrivato qui a Roma mi hanno soprannominato così. Non usciamo tutti i giorni, anzi chiamiamo spesso qualche amico a casa e facciamo delle cene. La fortuna è che siamo molto legati io e mia sorella, ma anche lei e la mia ragazza. Vanno spesso in palestra insieme, Jennifer è una personal trainer. Parlano anche molto, forse anche più che con me tra loro due (ride, ndr.). Questa è una bellissima cosa".

Si rientra per fare un giro nel guardaroba di Pellegrini: "È cambiato negli anni. Per adesso è praticamente mezzo vuoto perché ci siamo trasferiti da poco. Non sono molto un tipo da completo, come potete vedere. Mi piace molto più vestirmi street-wear. In parte per il trasloco e in parte perché la mia ragazza ha deciso di farmi buttare metà del mio armadio perché non le piaceva, questa è la situazione (dice mostrando i suoi vestiti, ndr.). Io non avevo voglia di buttare le cose, che sono negli scatoloni. Jennifer aveva ragione su alcuni capi, anche se io ci ero affezionato. Poi dice così ma in realtà mi ruba tantissimi vestiti quando esce (ride, ndr.). I compagni di squadra che ho avuto che si vestivano meglio sono Perin, molto elegante, sempre camicia, pull-over, abito, non proprio il mio stile; Patric anche, che è più vicino ai miei gusti street-wear. Di chi si veste peggio ho una lista abbastanza lunga, soprattutto di quando ho giocato in Germania". 

Dai vestiti si passa alle maglie da calcio, che Luca mostra alla telecamera: "Questa del Chelsea è di Toni Rudiger, abbiamo giocato insieme nei miei primi anni di carriera. È una persona spettacolare e un bravissimo ragazzo, anche se un po' matto (ride, ndr.). Poi ne ho una di Chiellini, che me l'ha data quando ho fatto la tournée in America con la Juventus, stava già al Los Angeles. C'è una maglia anche di Fabio Pisacane, che è stato forse una delle persone che mi è stata più vicina nel mondo del calcio. Nel mio anno e mezzo a Cagliari mi ha sia fatto da chiocchia che ci è andato giù pesante, ma ha fatto bene. Ne ho una di Kolarov all'Inter nei miei primi anni di carriera, ho grande stima di lui per la persona oltre che per il calciatore. Ci tenevo ad avere una sua maglia. Del Real Madrid ho una maglia di Carvajal, non serve che dica qualcosa. Non ci ho mai giocato insieme, ma è uno dei migliori terzini destri degli ultimi vent'anni. Poi ne ho una di Frattesi al Sassuolo, con lui siamo cresciuti insieme. All'inizio eravamo contro, poi abbiamo giocato anche insieme. È una persona speciale, lo considero un amico vero che è la cosa più bella che ti dà il calcio. Prima di arrivare alla Lazio ho chiesto la maglia a Milinkovic-Savic, c'era la patch di miglior centrocampista. Della Juventus ne ho una di Pogba, autografata con dedica. È molto simpatico, è stato veramente d'ispirazione sotto tanti punti di vista per come viveva la sua vita. Mi ha dato tanti consigli, anche se abbiamo giocato poco insieme. Forse mi voleva bene dall'inizio. In Champions League con l'Eintracht ho giocato contro Bentancur, di cui ho la maglia del Tottenham. Pure lui una persona squisita: con il tempo capisci che i grandi giocatori hanno anche un grande lato umano dalla loro parte. Poi ce n'è una di Nainggolan, forse il più fuori di testa con cui ho giocato. Ma gli voglio bene, è un'anima buona. Ho una maglia anche di Pandev, al Genoa: è un idolo per me, come penso per molti tifosi della Lazio. Un grandissimo giocatore, persona simpaticissima. Abbiamo iniziato il giro degli attaccanti con le maglie di Bale, Salah, con cui ho giocato agli inizi, Di Maria, che mi ha dato tanto in soli due mesi, Morata, Ibrahimovic, mi ricordo che con una 'rinviata' mi alzò di mezzo metro dal campo perché avevo provato a fargli il tunnel, Ronaldo, che stargli vicino anche solo in ritiro mi ha lasciato tanto. Mi piace avere questa collezione, soprattutto dei giocatori che mi hanno lasciato qualcosa".

TATUAGGI - "Ho sempre voluto farli, sin da bambino. È una maniera di raccontarsi, tutti quelli che ho hanno un significato. Il primo l'ho fatto con dei miei amici in vacanza, forse è meglio non parlarne (ride, ndr.). Poi mi sono concentrato su un braccio con la Basilica di San Pietro, quindi Roma, un cavallo alato che è sinonimo di libertà e purezza. Mentre di qua ho tatuato un cherubino con un'arma in mano, è una mitraglietta; poi un orologio rotto con un occhio al centro che ha due significati: non importa quali difficoltà la vita ti fa affrontare perché il tempo è galantuomo, per quanto riguarda l'orologio, e l'occhio invece riprende una frase di mia nonna che mi diceva sempre che gli occhi sono lo specchio dell'anima, da cui si possono capire tante cose. Dall'altra parte ho tatuato un leone, che è l'attitudine che uno deve avere nella vita. Sempre affamati e positivi nel vedere le cose. Sulla gamba ho altri tatuaggi con le cose che più mi hanno interessato nella vita, come Da Vinci, Achille, l'Uomo Vitruviano, l'Atlante. Ma dovrò finirli perché mi manca tutto l'interno coscia. Sotto al costato ho un tatuaggio con mia sorella con scritto 'Ubi tu, ibi ego', che significa 'Ovunque tu sarai, io sarò'".

Parola ora a Fabrizio, il fisioterapista e osteopata di Luca: "Lo conosco da quando è piccolo. Ci siamo rincontrati due anni fa per tornare a lavorare insieme. Ci vediamo più o meno tre volte a settimana, anche se dipende. Lavoriamo principalmente sulla parte muscolare, ma anche sull'osteopatia". E poi Pellegrini spiega la sua routine: "Per quanto riguarda il recupero post gara, di base la parte principale che facciamo è al campo, dove ci ritroviamo la mattina del giorno dopo della gara, facciamo colazione insieme e chi ha giocato fa dei massaggi di scarico o la crioterapia. La chiave è il sonno e il nutrirsi bene, è una cosa giornaliera".

In chiusura un pensiero sui tifosi della Lazio: "Con loro ho un rapporto speciale. Per me sono stati importanti fin dal primo momento, essendo anche io un tifoso della Lazio sin da piccolo mi sono subito sentito vicino a loro. È difficile spiegare quello che provo dentro al campo quando guardo gli spalti e incontro i loro sguardi. So quanto ci tengono, quello che pensano e quello che vorrebbero dalla loro squadra. Io mi sento sempre in debito con i tifosi".

"Sono contento di avervi portato con me in quella che è la mia vita fuori dal campo. Spero che vi siate divertiti, o che almeno vi abbia incuriosito. Alla prossima, ciao!".

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