LE MAGLIE DELLA STORIA - Centenario e Scudetto: la maglia più gloriosa

"Mentre in questo istante Collina dichiara concluso il confronto. Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è campione d’Italia". Parole indelebili nell’immaginario collettivo biancoceleste. Parole sintesi di una stagione vissuta intensamente e soprattutto rappresentazione verbale di una storia ultracentenaria che trova nella sua altalena di emozioni e stati d’animo il suo motivo più ricorrente e perché no più affascinante. Un finale a sorpresa, con tutta la suspance di chi sa ciò che ha dovuto soffrire, e che non è in grado di godersi niente perché sa che l’insidia è sempre dietro l’angolo. Onesto e romanzesco fu definito quello scudetto sulla falsariga del volo dell’aquila, e mai epiteti furono più azzeccati. Un romanzo col lieto fine. Concluso proprio in quella Perugia che la stagione precedente aveva beffato i biancocelesti, e grazie alla compagine del Presidente Luciano Gaucci e allenata da Carlo Mazzone; non proprio due fanatici laziali. E non poteva essere diversamente nell’anno in cui l’idea di Bigiarelli e i suoi raggiungeva il centesimo anno di vita. Indelebile insieme alle parole resterà anche la maglia di quell’anno. Realizzata proprio per celebrare il centenario, si discostava dalla classica divisa che la Lazio ha avuto nella storia. Non presentava il solito celeste, ma era bianca. Sul petto era ricamata con una fascia celeste che scendeva fino alle maniche attraversata al centro da una striscia color oro. Al centro dominava lo sponsor Cirio. Diverso era anche lo stemma, che oltre all’aquila sullo scudo biancoceleste presentava la scritta 100. In alto a destra il noto felino simbolo dell’allora sponsor tecnico tedesco Puma. I numeri erano di velluto blu scuro dello stesso materiale utilizzato per lo sponsor. Oltre alle vittorie in seguito ottenute, quella maglia ha avuto il lusso di veder scritti sul suo retro i nomi di alcuni dei più forti giocatori che abbiano calcato i campi di serie A. L’estroso 23 di Veron, l’elegante 13 di Nesta, il mai domo 18 di Nedved, l’affascinante 10 della classe di Mancini, e si potrebbe continuare ancora per lungo nel nostalgico elenco di quella corazzata costruita dal Patron Sergio Cragnotti. Una maglia bellissima destinata nell’arco di pochi mesi a riempirsi di fregi e onorificenze , come l’uniforme di un acclamato ufficiale dell’esercito. All’inizio del campionato seguente i neo campioni d’Italia si ripresentano con una riedizione della divisa della trionfale stagione ormai alle spalle, che accompagnerà i capitolini fino a dicembre alla chiusura dell’anno del centenario. Novità, il nuovo sponsor Siemens, che grazie a un accordo miliardario stipulato dal presidente Cragnotti, accompagnerà le divise di gioco per tre anni. Meno importante dal punto di vista del bilancio ma sicuramente più apprezzata dai tifosi, la comparsa sull’uniforme del tricolore e della coccarda della Coppa Italia, posizionati sulla destra uno sopra l’altro. Le troppe vittorie sono state anche frutto di problemi ‘logistici’, in quanto non si sapeva dove posizionare lo sponsor tecnico, che poi fu posto al centro sopra la scritta Siemens. La maglia fa la sua prima apparizione il 9 gennaio del 2000 in un Olimpico completamente esaurito, teatro della festa dell’identità e dell’appartenenza di un popolo. Forse proprio in quell’occasione il Fato inizia a buttare giù le prime pagine di quel romanzo che ha portato all’apoteosi del 14 maggio. Con la Juventus sopra di un punto in classifica, in vantaggio di un gol al Tardini di Parma e con gli emiliani in nove uomini, Crespo (che a fine stagione si accaserà proprio coi biancocelesti) trova un pareggio insperato. La Lazio batte il Bologna non senza sofferenze e si porta in testa alla classifica. Salas, Nedved e il commosso Ravanelli, i nomi impressi nel giorno dell’orgoglio laziale. L’epilogo di quella stagione è noto a tutti. Una maglia quindi centenaria e vincente, ma più che mai una maglia ‘romanzesca’ come il tricolore voluto dal destino.