Lazio, Peruzzi si racconta: "Ecco perché faccio il portiere. La mia fede..." - FOTO & VIDEO

Questa mattina, presso la sala consiliare del Comune di Nepi, è stato consegnato ad Angelo Peruzzi, ex portiere della Lazio, il 'Premio Sport e Cultura Tommaso Maestrelli', assegnato dal Club Lazio Tommaso Maestrelli 1967 e patrocinato anche dalla Provincia di Viterbo. Nel corso della cerimonia l'ex club manager si è raccontato nelle sue origini, nella sua personalità, schiva e lontana dalla telecamere, e nel suo amore per il calcio giocato, molto più forte rispetto a quello per la vita da tifoso dalla quale non è mai stato astratto. A consegnare la targa a Peruzzi è stato il figlio dello storico allenatore a cui è intitolato il premio, Massimo Maestrelli. Di seguito le parole dell'ex giocatore capitolino.
ORIGINI - "Io sono legatissimo alle origini. Ho rifiutato molti soldi per non andare in Inghilterra e rimanere alla Lazio, restando così vicino a casa mia. Io amo e amerò per sempre il mio paese e ritengo la mia Provincia la più bella del mondo. Questo aspetto potrebbe anche aver ostacolato la mia carriera, ma vivere tutti i giorni il mio paese è la mia vita, mi fa sentire bene e ho rinunciato a tante cose".
PERSONALITÀ - "Ho sempre pensato che i calciatori non sono supereroi, ma sono persone normali. Quando i giornalisti mi chiamavano per fare un'intervista, io mi chiedevo 'ma cosa devo raccontare?'. Sono uno come tanti altri e la mia vita è come quella di molti altri, non è diversa perché gioco a calcio e mi vedono in televisione. Si guardano i giocatori come fossero dei miti, ma non lo sono. Sono persone con due mani e due piedi come tutti e vanno rispettati come si rispetta l'ultimo degli ultimi. Stop. Questo è sempre stato il mio pensiero e quello che mi ha spinto sempre a essere un po' schivo riguardo alle interviste o al farmi vedere in giro. Non c'è niente da ostentare, aldilà anche dell'aspetto economico, uno deve vivere la sua vita".
IL RUOLO DEL PORTIERE - "Mi piaceva giocare in porta, perché non mi piaceva correre. Com'è iniziato tutto? Un giorno una maestra della quinta elementare ci portò al campetto per fare una partitella contro un'altra classe. Fece un esperimento: tutti i bambini dovevano saltare sotto la porta per vedere chi toccava la traversa. Io fui l'unico. Allora mi disse che siccome non volevo correre e avevo toccato la traversa, allora mi dovevo mettere in porta. Da quel giorno la cosa mi piacque molto e cominciai a giocare in porta. Ho sempre avuto una passione sfrenata per questo ruolo".
UNA STRANA PASSIONE PER IL CALCIO - "Non ho mai avuto una fede calcistica. Tutti mi chiedono per che squadra tifo, ma a me vedere il calcio in tv a un certo punto mi annoia (ride, ndr), mi piaceva tantissimo giocarlo, ma non vederlo. Quindi non andavo allo Stadio. Gli altri sport, invece, mi piace vederli. Seguo la Formula 1, che invece annoia in molti, o il basket. Nel calcio ci sono delle partite in cui non fanno un tiro in porta, fai fatica a vederle. Poi, ci mancherebbe, non sputo nel piatto dove ho mangiato per 40 anni. Mi ha dato la vita e anche una vita agiata, però ci sono partite che non riesco e altre, invece, che mi esalta vederle".