Lazio, Marchetti: "Lulic, la traversa di Totti e Provedel. Vi dico tutto"

22.08.2024 07:00 di  Ludovica Lamboglia   vedi letture
Lazio, Marchetti: "Lulic, la traversa di Totti e Provedel. Vi dico tutto"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Intervenuto in collegamento a Radio Laziale, l'ex calcIatore Federico Marchetti si è espresso su alcuni temi legati al mondo Lazio e al suo passato in biancoceleste: "Per ora mi sto allenando, siamo rimasti a Malta, abbiamo deciso di prolungare la permanenza anche per quest'anno. Vediamo cosa viene fuori da qui a metà settembre, altrimenti chiudo la parentesi di campo, una lunga parentesi, a 41 anni ci sono arrivato (ride, ndr). Quale parte riscriverei della mia carriera? Sinceramente vorrei riscrivere l’inizio, la parentesi di Cagliari dell’ultimo anno è stata una bella botta, ho perso Nazionale, ho perso la continuità che mi aveva portato a essere vice-Buffon al Modiale in Sudafrica. Dopo ho dovuto ricominciare da capo, sono arrivato in una grande piazza e non era semplice trovare chi credesse nelle mie possibilità. Ricordo le prime giornate, dopo aver person in casa contro il Genoa sono arrivate le prime critiche, mi dicevano che non ero più io che si vedeva che ero stato fermo un anno. In realtà mi serviva ritrovare il campo, quelle 6-7 partite da giocare con continuità. Grazie anche alla fiducia del mister, dei compagni sono tornato alle prestazioni con cui avevo abituato tutti. Se sono stato grande portiere? Sì, lo sono stato, ho giocato a buoni livelli. Ho avuto qualche problema fisico, ho vissuto un momento difficile in cui sono stato fuori due mesi in cui non c'era niente di fisico, ma sono riuscito a superare anche quello, ringrazio la società per la vicinanza e il mister che c’era all’epoca. Ho avuto Reja, poi Petkovic, Pioli e infine Inzaghi. Con Inzaghi ho fatto un anno, poi è esploso Strakosha per qualche mia defezione, hanno scelto di continuare con lui e l'ultimo anno sono stato messo tra gli esuberi e sono andato via a zero. Quest'ultima parte era da scrivere. Per fortuna, però, avevo già 34 anni quindi non è che alla fine cambiasse molto, avrei potuto fare un altro anno, forse due alla Lazio, ma ero già arrivato a un'età in cui ti abitui a vedere le cose in modo diverso rispetto a quando ha 25 o 26 anni. Ovvio che giocare titolare alla Lazio era l'idea primaria, ma se poi ti rendi conto di aver non avere più il fisico per fare quelle 30 partite all'anno devi fare una scelta e a livello personale avrei accettato l’idea di fare il secondo e finire alla Lazio, perché è la società che mi appartiene. Credo si sia fermato a livello di crescita tecnica e personale e si è adagiato, motivo per cui è stato messo Reina e gli ha fatto peggio, non l’ha stimolato, non c’era concorrenza”.

IL CASO DEI DUE NUMERI - "Quella dei due numeri, uno per il campionato e uno per l'Europa League fu una situazione estrema. Floccari prima che andasse via aveva giocato il preliminare di Europa League con il 22, quindi non potevo prenderlo all’inizio. Ho dovuto per forza prendere l'83  e poi ho preso il 22 perché Sergio è andato in prestito altrove".

LA SQUALIFICA DOPO UDINESE-LAZIO - "Cosa successe con Bergonzi in Udinese-Lazio? Ci chiariichiarito dopo poco tempo, quando è riiniziato il campionato a Bergamo contro l'Atalanta e lui era l’arbitro di porta. Mi ha massacrato per tutta la partita dicendomi che gli avevo rovinato il finale di stagione. Poi abbiamo chiarito dopo il triplice fischio. Io gli avevo dato una spintarella da dietro, senza dirgli nulla, gli avevo chiesto una spiegazione. Inizialmente era stato severo e mi diede 6 giornate sono diventati 4 giornate. Noi sentimmo un triplice fischio ed eravamo convinti fosse stato lui a fischiare, quindi ci fermammo. L'avversario, invece, è andato dritto e segnò a porta vuota, a quel punto scoppià la rissa”.

STRAKOSHA E LA CONCORRENZA - "Lui era più giovane, era il terzo portiere. Mister Inzaghi decise di mettere lui a Milano quando ebbi il problema fisico, invece di Vargic. Il mister ci ha creduto e a febbraio, quando ho giocato l'ultima partita in casa e ho avuto quel problema al collaterale, lui è entrato e non è più uscito. Quel finale di stagione lo aveva fatto egregiamente e la società aveva deciso di dargli fiducia. Gli anni dopo ha avuto alti e bassi, credo che si sia un po' fermato da un punto di vista di crescita personale e tecnica, motivo per cui quando gli hanno messo un portiere come Reina alle spalle per stimolarlo ha perso il posto. Credo che non fosse abituato alla concorrenza, anche perché non c'era. Se avessero voluto concorrenza avrebbero spalmato il mio contratto e avrebbero messo me a fare il secondo, ma probabilmente a qualcuno una figura come la mia non gli andava bene, mi son dato questa risposta. La concorrenza è fondamentale se vuoi crescere, non dev'essere fatta al ribasso. Se Marchetti è titolare e mi metti accanto Carnesecchi, o un portiere che mi deve stimolare, devo essere io a voler crescere per meritarmi la titolarità. Non devo essere pigro e trovare scorciatoie, sennò non si cresce". 

PARATE ICONICHE - “La parata sulla deviazione di Chiellini o quella su Totti il 26 maggio? Son sempre stato molto pratico, quindi scelgo la parata che mi ha permesso di alzare la coppa insieme ai miei compagni, quel magico 26 maggio, vado sulla seconda. Era una palla difficilissima, un tiro-cross da una punizione laterale, nessuno è riuscita a colpirla e la palla è sbucata all’ultimo: con la mano sinistra sono riuscito a colpirla quel poco per farla sbattere sulla traversa e rimanere in campo. Anche il fatto di non essermi buttato, se quella palla rimane in gioco, sulla ribattuta fanno gol. Se non l'avessi presa avrei rovinato la festa anche a Lulic". 

LA MAGLIA DI LULIC A NAPOLI – “Lulic l’ho sempre considerato l’uomo della provvidenza, quella era una partita fondamentale e mi son detto che la sua maglia avrebbe portato sicuramente bene, quindi l’ho messa sotto la mia. Nello spogliatoio mi guardavano e qualcuno sorrideva, ma era anche per sdrammatizzare quel clima di tensione. Alla fine ha funzionato alla grande, forse era meglio se l'avessi messa più volte (ride, ndr). Se sono in contatto con qualcuno? Sono ancora in contatto con Radu, torno spesso a Roma e non dico che ci sentiamo quotidianamente, ma quasi”.

PORTIERI ITALIANI - “Donnarumma era entrato in Nazionale con Ventura, dopo l'Europeo del 2016 di Conte. L’ho visto sul campo e aveva 17 anni, con un campionato di Serie A alle spalle. Si vedeva che avesse qualcosa di diverso, doti innate incredibili. Credo abbia vissuto i primi anni cavalcando l’onda di queste doti. Poi per il portiere si deve migliorare e smussare i difettucci che si possono avere a livello tecnico e generale. Su questo si è un po' fermato, è rimasto il Donnarumma dei primi anni. Ha fatto un Europeo stratosferico e grazie a lui l'Italia ha vinto, ma poi vedendolo negli anni successivi l'ho visto sempre sotto quel livello. Per un portiere poi gli errori poi ci stanno, ma bello e coraggioso come in quell'Europeo non l'ho più visto. Va detto che il contesto in cui è andato, al Psg, non è semplice. Questa estate è l’unico però che ci ha tenuto in piedi, ha fatto veramente bene, ma quando si perde il portiere migliore in campo lascia il tempo che trova".

PROVEDEL - "Provedel mi piace molto, quando lo aveva acquistato la Lazio avevo detto che era un profilo adatto a questa piazza. Ovvio che era entrato in una situazione rocambolesca, con l'espulsione dopo 4', ma credo che fosse il suo destino diventare titolare. Sentivo i compagni  che erano alla Lazio e mi hanno detto che era superiore. Sulla carta partiva titolare, quindi se in alleamento il tecnico lo vedeva, il suo destino era quello di essere titolare. Avevo solo un dubbio sul passaggio da piazze più tranquille, come Spezia, a una come Roma, ma ha dimostrato subito di non essersi fatto intimorire da nulla. Gli va dato merito di aver fatto grandissime cose".

Pubblicato il 21-08