A proposito di Lecce: correva la stagione 1985-86....

03.10.2008 12:36 di  Daniele Baldini   vedi letture
Fonte: Corriere della Sera (Repertorio)
A proposito di Lecce: correva la stagione 1985-86....

L'incubo e' vecchio 22 anni. Il Lecce che domenica torna all'Olimpico e' parente lontanissimo di quello che sgretolo' il sogno di primato giallorosso nella stagione 1985-86. Eppure evoca terrificanti (o gioiosi) fantasmi. "Quando sento nominare il Lecce, mi vengono i brividi", ammette Pruzzo, che quel 20 aprile 1986 era in campo. Tra festeggiamenti prematuri, la Roma si schiantava su di un banale ostacolo. C'era Sven Goran Eriksson sulla panchina che era stata di Liedholm: "Una giornata allucinante. Avevamo agganciato la Juve dopo una rimonta fantastica. Nella peggiore delle ipotesi, saremmo arrivati allo spareggio. Fini' in modo incredibile. A distanza di undici anni, ancora non so spiegarmi perche'...". E gia', il Lecce allenato dall'ex laziale Fascetti era gia' matematicamente retrocesso: 14 punti, contro i 41 della Roma; una squadra anonima men che gli argentini Barbas e Pasculli. "Mancavano solo due giornate . racconta Graziani . ci sentivamo quasi campioni. La settimana prima avevo detto a Tacconi: "Preparati allo scontro frontale, vi siamo addosso". "Ho paura che ce l'avete fatta", mi aveva risposto, "noi siamo cotti". Poi arrivo' il Lecce quella maledetta domenica quasi estiva. Viola, scaramantico, a spasso attorno al campo, prima della partita, col sindaco Signorello a braccetto. E le sciarpe, gli striscioni, le magliette con scritto: "Roma campione d'Italia '85 '86". E quel gol di Graziani, dopo sette minuti, a dare piu' corpo all'illusione. "Quando segnai, ci abbracciammo in undici. E fatta, ci dicemmo. E invece non era fatta per niente". Pareggio' Di Chiara, ex romanista, dopo una mezz'ora. E una puntata del Lecce nell'area romanista frutto' a Pasculli il rigore del clamoroso 1 2. E il disastro continuo': ancora Barbas in contropiede, all'8' della ripresa, per l'1 3, fino all'inutile gol di Pruzzo, all'82'. Quell'ora e mezzo di incubo fece molto discutere. La sfortuna incautamente attirata dalle affrettate passerelle; l'avventatezza di una squadra superficialmente spavalda; persino il Totonero. Voci sinistre presero a raccontare di una scellerata scommessa a perdere: primo tempo per il Lecce, quote impazzite, sospetti a raffica. "E folle solo pensarlo . incalza Tancredi, portiere romanista . perche' alla soddisfazione sportiva s'aggiungeva quella economica: un secondo scudetto in pochi anni non aveva prezzo. Chi di noi avrebbe mai potuto macchiarsi di un maleficio del genere?". Alcuni protagonisti di quel grigio pomeriggio pagarono caro anche le maldicenze. Righetti, il libero che ad un certo punto della sua carriera giocava contemporaneamente in quattro nazionali, in pochi mesi ruzzolo' in provincia: "Credo di aver scontato le chiacchiere, assurde e offensive, legate a quella partita", confessa oggi, da Pescara. Gli fa eco Ancelotti, da Parma: "Penso che neanche di fronte all'ipotesi di incassare qualche miliardo avremmo buttato un'occasione come quella". Lo giura anche Eriksson, ormai accomodato sull'altra sponda del Tevere. "Non dimentichero' mai quella beffa. Considero ancora quella stagione il mio capolavoro. Forse neanche il Goteborg o il Benfica o la Samp, gioco' bene come la Roma che rimonto' undici punti alla Juve di Platini. Ma tutto si spense sul piu' bello, come nei sogni. E il sogno divento' un incubo (o l'incubo sogno?). Per diversi giorni non mi riusci' a dormire. E, quando crollavo, mi svegliavo di soprassalto, gli occhi gonfi di lacrime. Una sofferenza che in qualche modo mi ha cambiato e che ha cambiato la storia della Roma.  E il bello del calcio, no?