Lazio e Pescara, un odio "unilaterale" che parte da lontano....

“Ma perché c’è tutto questo odio tra Lazio e Pescara” ? Molti se lo domandano (soprattutto i tifosi più giovani) ma pochi sanno darsi una risposta. “E’ un odio che parte da lontano” -sostengono i tifosi abruzzesi- “dovuto a fatti di 35 anni fa”. Anche in questo caso però, il tifoso laziale resta perplesso e si domanda: “fatti che vengono da lontano? Ma come è possibile se in 112 anni ci siamo incontrati appena 21 volte e non abbiamo mai lottato per nulla”? La risposta è più che lecita, visto che per ogni suppoter laziale il Pescara è sempre stato forse l’ultimo dei pensieri. Qualcuno particolarmente malizioso, pensò che l’origine dell’odio derivasse da qualche vecchia amicizia che legava i tifosi del Pescara a quelli della Roma, unite da “comuni origini abruzzesi”. Capita invece, e la storia lo insegna, che addirittura delle guerre iniziarono per nulla. Magari per il capriccio di un Re, oppure quella “epica” per il furto di una donna piuttosto che per una vendetta mai sopita. Anche nel calcio – e per questo meno importanti – possono scoppiare “guerre” anche senza un vero motivo apparente. Molte volte può scaturire odio anche per racconti di clamorose gesta in “trasferte d’altri tempi”, raccontate da nonni o da genitori che non hanno mai accettato qualche sgarbo subito.
LE RADICI DELL'ODIO - E per molti l’inizio dell’odio dei tifosi pescaresi contro la Lazio, è da ricercarsi proprio in una lontana trasferta datata addirittura 30 ottobre del 1977, quando una Roma blindata e nevrotica, accolse migliaia di tifosi abruzzesi venuti nella capitale con ogni mezzo per seguire la loro squadra appena tornata in serie A. Il 1977 era un anno difficile, anni di piombo, con una Roma completamente diversa e confusa. Capitava che spesso si portassero allo stadio le frustrazioni e le paure di giornate lunghissime che sembravano non dover finire più. A volte capitavano scontri tra tifoserie (le misure di sicurezza e di filtraggio erano pressoché inesistenti) oppure si organizzava qualche scherzo per rendere il pre partita un pochino più divertente. Fu così che “scherzando”, i tifosi del Pescara furono mandati sotto la curva della Lazio, dove tra scontri feroci furono alla fine derubati di tutto quanto, soprattutto i tanto ricercati tamburi per il tifo, che in quegli anni rappresentavano quasi il valore di una tifoseria: più tamburi avevi, più era rispettata e temuta la tua tifoseria. Essere spogliati di tamburi, sciarpe, vessilli, bandieroni e quant’altro, per un tifoso voleva quasi dire essere spogliati della vita stessa. Chi vi scrive non era presente quel pomeriggio all’Olimpico, ma parlando con persone che assistettero a quei fatti, può raccontare che quel giorno i tifosi abruzzesi videro davvero il volto della paura. Non solo i tamburi, considerando che oltretutto Bruno Giordano gli tolse anche la magra consolazione di tornare a casa con un prezioso pareggio. Gli Eagles Suppoters per tutta la durata della partita, fecero bella mostra in curva delle bandiere abruzzesi. Era qualcosa che all'epoca si usava fare, anche perchè essere ultras negli anni '70, andava al di la di tutto. Di lì in poi iniziò qualcosa che il tifoso laziale non sa spiegarsi, anche perché di tafferugli, agguati e risse varie, nel mondo del calcio dell’epoca ne capitavano ogni domenica. Invece la tifoseria del Pescara non ha mai dimenticato quell’agguato. I nonni lo hanno tramandato ai padri, i padri ai figli e così via per ben 35 anni. Ancora oggi nella cittadina abruzzese, capita di incontrare bambini che odino la Lazio senza saperne neppure il perché. Anche la gara di ritorno nel 1978, fu giocata in assetto da guerra, con una tensione nello stadio e fuori, che si tagliava a fette. Vinse addirittura il Pescara, grazie ad un goal del debuttante Paolo Ferro che nel primo tempo superò Garella. Meglio così, vista la giornata nera che accompagnò i tifosi laziali, con un’intera città mobilitata per la “caccia al laziale”, con tanto di manichini biancocelesti impiccati lungo la strada che portava allo stadio ed “eleganti” signore che lanciavano i loro vasi sulle auto targate Roma. In tutte le altre partite fu la stessa storia, soprattutto nel 1980, quando la Lazio nel finale di partita visse uno dei momenti più bui e difficili della sua storia. Stesso discorso anche nel 1986, dove una grande Lazio di Fascetti uscì imbattuta da Pescara in un ambiente che non aveva nulla da invidiare agli anni di piombo. L’ultima partita in Abruzzo si giocò esattamente 20 anni fa, ma in quel caso la netta differenza tecnica tra le due squadre andò a sconfiggere qualsiasi clima di ostilità con una perla di Paul Gascoigne che entrò di diritto come uno dei goal più belli della storia della Lazio. Dopo venti anni si prova adesso a ristabilire lo stesso clima di “guerriglia” e odio che si respirava in quegli anni, cercando magari di mascherare o di nascondere le lacune tecniche di una squadra che lotta punto dopo punto per restare in serie A. A Roma si dice – “cerchiamo di buttarla in caciara” - e questo è senza dubbio il pensiero di molti tifosi del Pescara, che forse hanno capito che dopo 35 anni è arrivata l’ora di guardare avanti. E lo sdegno di una parte della città per i manifesti affissi in questi giorni, ne sono la dimostrazione tangibile. Per tutta la settimana i “Rangers” del Pescara hanno presenziato gli allenamenti della loro squadra, incitandoli a dare tutto contro l’odiata Lazio. Immaginiamo gli sguardi di Quintero, Weiss e Vukusic, che magari si sarebbero aspettati tanto calore in occasione di qualche delicato scontro salvezza. Ma il calcio è così, si vive di ricordi e passioni difficili da spiegare. Com’è difficile da spiegare l’odio “unilaterale”, che contrappone Pescara e Lazio. E’ sicuro però, che alla fine dopo clamore, resteranno solo un mare di ricordi utili magari a rimpinguare qualche vecchio libro di calcio.