ESCLUSIVA - Dell'Anno racconta: "La mia carriera tra Lazialità, dicerie e un grave problema fisico"

Allenatori, dirigenti, opinionisti, persino presidenti. Una larga fetta di giocatori ritirati ha proseguito il suo percorso nel mondo del calcio, con mansioni differenti. Riaccendono la memoria collettiva tramite interviste o documentari che testimoniano un calcio che non c'è più, spesso poco conosciuto dai più giovani. Cambiano le figure ma soprattutto i temi. Il '10' all'italiana, l'elemento dotato di classe cristallina e talvolta sregolato, è merce sempre più rara. E' finita l'era dei calzettoni abbassati, dei trequartisti con un raggio d'azione ridotto, spesso leggerini ma dotati di una tecnica di base notevole. A Roma, sponda biancoceleste, sono transitati diversi giocatori di questo tipo. Campioni affermati, grandi rimpianti e giovani promesse. Come Francesco "Ciccio" Dell'Anno, prodotto del settore giovanile biancoceleste. Juan Carlos Lorenzo lo lanciò in prima squadra all'età di 17 anni, era uno dei massimi talenti del nostro calcio ma non riuscì mai ad esprimersi al top. Una carriera proseguita tra B e C, nel mezzo la grande occasione nella prima Inter di Moratti. Alcune incomprensioni tattiche ed un grave problema alle vertebre condizionarono la sua ascesa. Oggi Dell'Anno è sparito dal Grande Schermo del Calcio, spesso ci si ricorda di lui come un grande talento inespresso, genio e sregolatezza. La redazione di Lalaziosiamonoi.it l'ha intercettato in esclusiva per una lunga intervista, nella quale ripercorre tutte le tappe di una carriera vissuta tra complimenti e treni persi.
Di cosa si occupa oggi 'Ciccio' Dell'Anno? "Ho aperto un B&B con mia moglie, ogni tanto investiamo in qualche costruzione anche perchè lei lavora nell'ambito edilizio".
Ha mai pensato di continuare il suo percorso nel mondo del calcio? "Assolutamente no, diciamo che non mi è stato mai proposto. Dal giorno in cui ho smesso con il calcio giocato mi sono un po' allontanato da questo mondo".
Come iniziò la sua storia con la Lazio? "Iniziò tutto all'età di 13 anni, quando arrivai a Roma dal mio paese (Baiano, in provincia di Avellino, ndr). Da quel giorno ho fatto tutta la trafila nelle giovanili, approdando in prima squadra a 17 anni ed esordendo in Serie A".
Era il 1984. L'allenatore della Lazio Juan Carlos Lorenzo dopo il primo allenamento disse di lei: 'Quel ragazzino è l’unico che può fare il calciatore in prospettiva'. Era consapevole delle sue qualità? "Quando arrivò Lorenzo ero in procinto di passare al Varese, in B, per andarmi a fare le ossa. Era un giovedì, disputai un'ultima partita contro la prima squadra, lui mi disse: 'Tu da qui non ti muovi'. La domenica seguente mi fece esordire in Serie A..."
Era una Lazio in difficoltà, a fine stagione subì l'onta della retrocessione. "Le difficoltà dell'epoca erano in ambito societario, in quell'anno si sono visti un paio di volti nuovi a livello dirigenziale. Poi arrivò Chinaglia..."
Un mostro sacro... "Ho un grandissimo ricordo di Chinaglia, un personaggio importante ma anche molto genuino, alla mano. Una persona di grosso spessore!".
Lei era un talento eccezionale ma circolavano voci circa alcune presunte bravate. Come quella volta in cui si presentò a Tor di Quinto con una fuoriserie e scatenò un confronto tra i senatori... "Sono tutte dicerie (abbiamo edulcorato, ndr). All'epoca le mie cosiddette bravate erano collegate al ritardo, poichè dovevo cambiare un paio di autobus ed affrontare un lungo percorso a piedi prima di arrivare al campo d'allenamento di Tor di Quinto. Le fuoriserie a quell'epoca non le avevo, anzi... (ride, ndr). Io ero benvoluto da tutti i compagni, spesso mi portavano anche a casa loro. Nel calcio piccole situazioni talvolta diventano enormi. Come quella volta in ritiro in cui arrivai in ritardo e il giorno dopo scrissero che Dell'Anno era ritornato alle 4 del mattino, sono tutte esagerazioni a mio sfavore e la gente spesso segue di più le parole di un giornalista che la verità..."
E' vero che a fine stagione mise a sedere Le Roi Platini con una serie di finte ubriacanti? "Ricordo con molto piacere quella partita contro la Juventus, disputai un'ottima prestazione. Me le ricordo tutte con grande orgoglio, poichè giocare 14 partite a 17 anni non è da poco".
Dopo un lungo peregrinare si rilanciò con la maglia dell'Udinese, poi andò all'Inter in cambio di oltre 10 miliardi di lire. Si vociferava di alcuni incomprensioni tattiche con mister Bianchi ma in pochi sanno che aveva un grave problema alle vertebre. "Ho avuto un grosso problema fisico alla schiena, purtroppo nel momento in cui c'era bisogno di fare quel salto ho avuto questo imprevisto. Non si è mai capito bene cosa fosse a livello clinico. Era un dolore arrivato all'improvviso e svanito dopo tre anni".
Ha mai pensato di smettere? "Era un problema serio, i primi sei mesi li ho trascorsi sdraiato sui tappeti o sul pavimento, non riuscivo neanche a sedermi su una sedia. Ho provato con i migliori medici, senza alcun risultato".
Stiliamo un bilancio della sua carriera. Lei viene spesso categorizzato nella sfera del genio e sregolatezza. Se potesse tornare indietro, farebbe qualcosa di diverso? "Rifarei tutto quanto, senza rimpianti, non ho mai fatto nulla di grave. Se pensiamo ai comportamenti di tanti giocatori dei nostri giorni io ero un santo! Quando sono andato via dalla Lazio non è mai uscita una parola e ho percorso poi altri 16-17 anni di carriera..."
Qual è il suo giudizio sulla Lazio attuale? "Sono ritornato allo stadio dopo 8 anni, ci vado volentieri perchè sono lazialissimo. Non posso dare un giudizio su questa stagione perchè ancora non li ho visti dal vivo, in ogni caso voglio aspettare almeno 4-5 partite".
Lazialissimo...? "E' una passione che nasce da bambino perchè sono arrivato nella Lazio a 13 anni, ci sono rimasto a lungo e mi è rimasta questa Lazialità".
Dopo la partenza di Hernanes possiamo dire che alla Lazio manca un Dell'Anno in mediana? "In mezzo al campo hanno giocatori abbastanza simili tra loro, i vari Ledesma, Biglia. Calciatori geometrici, ma senza quella capacità di saltare l'uomo. La differenza sta sui laterali, con elementi come Keita, Candreva, Lulic".
Dove inserisce la Lazio in una graduatoria finale? "Ci sono due squadre che si contendono il titolo e sono Juventus e Roma. La Lazio non riesco ad inquadrarla. Ho visto la partita di Milano, ha giocato bene ma ha anche subito tanto. Credo che con i giusti accorgimenti possa arrivare tra le prime 8".
La sua Lazio vantava un seguito notevole, nonostante le difficoltà. Oggi invece regna la contestazione ad oltranza. "E' una situazione un po' insostenibile, credo che si possa risanare solo tramite incontri tra le parti, in modo da confrontarsi su idee e progetti. Se si vuole risolvere il problema...".
Lorenzo la lanciò senza indugi in prima squadra a 17 anni. Oggi invece si rischia sempre meno e la nostra Nazionale ne risente... "Non è solo un problema di Lazio, ma a livello nazionale. Il settore giovanile viene curato molto poco, ai miei tempi si era più propensi a lanciare i propri ragazzi. Non riesco a capire i motivi di questa situazione, ci sono tanti giocatori di talento ma si punta troppo spesso su stranieri che poi fanno da comparse, pochi fanno la differenza. Il calcio italiano dovrebbe avere un occhio di riguardo verso i propri settori giovanili".
I trequartisti moderni sono un mix di muscoli e dinamismo. Possiamo parlare di fine dell'era del '10' all'italiana? "In questo momento penso di sì, non ci sono grandi numeri 10. Dall'epoca Sacchi sono cambiate le regole a centrocampo, abbiamo perso le tracce dei fantasisti puri. Oggi ne abbiamo uno solo, Andrea Pirlo, e lo vogliono tutti clonare, ma anche lui prima o poi dovrà smettere nonostante faccia ancora la differenza".