Lazio, il derby sia d'insegnamento: impara dai tuoi errori e ritrova umiltà
Perdere il derby fa male, brucia, non può essere altrimenti. Ma un derby perso non può cancellare nemmeno quanto fatto finora. La Lazio resta quarta in classifica, a +12 sulla Roma, prima in Europa League e ai quarti di Coppa Italia. Guai, quindi, a fare drammi rispetto alla sconfitta nella stracittadina. Però ci sono alcuni elementi che possono e devono far riflettere. La Lazio ha perso il derby cadendo nella trappola tattica di Ranieri, allenatore furbo, che conosce a menadito le peculiarità di questa partita. La Roma ha segnato due gol praticamente in fotocopia: palla diretta su Dobvyk che lavora di sponda per i compagni (prima Pellegrini e Dybala, poi il solo argentino) e Lazio infilata in modo semplice e prevedibile. La squadra di Baroni ha difeso male sulle preventive, s'è fatta trovare spaccata, con Rovella e Guendouzi alti e incapaci di dare copertura. Un gesto può valere più di mille parole: quando Dobvyk scarica la sponda su Dybala e avvia l'azione del raddoppio romanista, Baroni allarga le braccia sconsolato, come se già ne prevedesse l'esito.
ALTERNATIVA - Ma che la Roma potesse giocare in questo modo era francamente immaginabile, anche perché i giallorossi non avevano altre armi per far male, avendo dimostrato fin qui povertà di gioco e di idee. L'allenatore doveva prevederlo e forse attuare un piano gara diverso, perché è vero che la Lazio è squadra costruita per aggredire l'avversario e imporre il proprio ritmo, ma a volte si può anche derogare dalle proprie caratteristiche e attuare un copione alternativo allo sviluppo della trama. La Lazio si presentava al derby con 15 punti in più in classifica e una posizione invidiabile, mentre la Roma nel derby aveva, di fatto, l'unico obiettivo rimasto in campionato. Perché non lasciare il gioco nelle mani dei giallorossi che, per mesi, hanno dimostrato di essere in grave difficoltà quando hanno l'onere di dover costruire e fare la partita, perché non attendere e chiamare fuori la Roma per poi colpire? La Lazio ha dei principi e non deve snaturarsi, ma non può nemmeno giocare tutte le partite come se fossero sempre la stessa. Serve anche sapersi adattare ai momenti e a chi ci si trova di fronte.
DIFESA - Il campionato fin qui resta ottimo, la Lazio è quarta e in piena lotta per un posto in Champions. Ha perso sei partite, vero, alcune però viziate da arbitraggi quantomeno rivedibili, come a Firenze, Torino e Parma. Punti persi, non per colpa di Castellanos e compagni, che oggi proietterebbero la Lazio ancor più in alto in classifica. Ma è pur vero che, al netto di tutto questo, la squadra di Baroni ha incassato 27 gol in 19 partite, un'enormità per chi ambisce a traguardi nobili. Pesa la roboante sconfitta contro l'Inter, ma la Lazio - in campionato - finora ha mantenuto la porta inviolata solo quattro volte (contro Genoa, Bologna, Monza e Napoli). Serve più solidità, un atteggiamento che non sia sempre sbarazzino e votato all'attacco e quindi anche maggior attenzione nelle coperture e nelle varie fasi della partita. E anche un aiuto dal portiere che finora sta mancando. Provedel comincia a diventare un tema sul quale riflettere, perché a oggi l'ex Spezia non è più quello ammirato negli anni scorsi e fatica a ritrovare smalto e reattività.
MERCATO - Ovvio che a gennaio non si possono prevedere grandi investimenti, ma questa squadra va aiutata anche con il mercato. Serve un centrocampista, perché l'assenza di Vecino sta pesando oltremodo. Ma ieri Baroni ha parlato chiaro: la Lazio gioca meglio quando può trovare un uomo tra le linee. Dia vive una fase d'appannamento, Pedro è fuori per infortunio e comunque a 37 anni non può essere spremuto. La Lazio necessiterebbe di un giocatore di qualità, di visione, capace di trovare la giocata che spezzi gli equilibri, elemento che oggi non c'è, anche perché Castrovilli si sta dimostrando una scommessa persa. Mercato e un atteggiamento tattico che non sia monocorde. Il derby perso può offrire spunti di riflessione, spunti per crescere. La Lazio è lì, ha ancora tutte le carte in mano e il tavolo rimane ricco.
Pubblicato il 6/01