Miroslav Mihajlovic: "Ecco il mio sogno. Con papà guardavamo..."

Miroslav Mihajlovic ha seguito le orme del papà e, dopo aver preso il patentino Uefa C, inizierà la carriera da allenatore dalle giovanili dell’Urbetevere. Intervenuto ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, il ragazzo ha parlato di questa nuova esperienza e quali insegnamenti di Sinisa porterà con sé nel percorso: “Io con il calcio sono cresciuto, ce l’ho nel sangue. Sono sempre andato a vedere le partite di mio papà allo stadio, poi gli allenamenti e vari ritiri. Dalla Samp a Torino e Bologna. E lì io e mio fratello seguivamo ritmi e orari dei calciatori: sveglia presto e tanta palestra. Venivamo trattati come giocatori. So di intraprendere un percorso difficile. Ma punterò molto sui valori umani. Per me sarebbe una grande soddisfazione allenare dei ragazzi ora, seguirli e poi vederli tra qualche anno arrivare tra i professionisti. Questa per me sarebbe la vittoria più bella”
“Chi mi ha scritto dopo aver preso il patentino? Su tutti Stankovic e Mancini, che sono degli zii per me. Sono dei riferimenti, come uomini ancor prima che come calciatori. Uno dei miei sogni è allenare in Serie A, intanto mi piacerebbe arrivarci come collaboratore. Se poi fosse con Deki o Roberto, sarebbe fantastico. Io ci punto, ma so che ci vorrà tanto tempo per essere pronto”
“So che la strada è lunga, devo e voglio fare tanta gavetta. Non serve andare veloce se prima non hai basi solide. Il mio modello ora è De Zerbi, sono stato anche da lui a Brighton qualche mese fa, mi piace come fa giocare le sue squadre. Costruzione dal basso, tanto movimento e ricerca dello spazio. In questo con papà siamo diversi, lui era più uno da aggressività e pressing alto. Ma chissà, magari negli anni cambierò idea”
“Papà in casa era come lo vedevi in panchina o in spogliatoio. Uno che se ti doveva dire una cosa in faccia lo faceva senza giri di parole. Io e papà guardavamo insieme le partite sul divano. Discutevamo dei cambi da fare e di come i giocatori si posizionavano con il corpo. Io giocavo in difesa e studiavo molto i movimenti dei centrali. Poi papà a un certo punto se ne usciva e mi diceva ‘vedrai che tra 10 minuti fanno gol’. E succedeva quasi sempre. Ci scherzavamo spesso su. Lui si girava verso di me e mi guardava come a dire ‘che t’avevo detto?. Cosa porterò dentro? Penso che prima di tutto sia una questione di valori. E io credo di portare in alto e con orgoglio tutto quello che nostro padre ci ha insegnato. Sono uno che dice le cose in faccia e crede molto nel dialogo. Spero di riuscire a fare così anche con i miei giocatori"