L'ANGOLO TATTICO di Napoli - Lazio - Non è tanto il freddo, ma l'umidità
Rino copriti, che al San Paolo fa freddo. Il clima gelido, l'umidità che ti penetra nelle ossa in uno stadio semi-vuoto riscaldato solo dal ritorno dei gruppi organizzati, necessita di contromisure e coperte ben imbottite. Pile al sapore di catenaccio e contropiede: Gattuso approved. Perché in fondo, nel casino tattico di Napoli - Lazio, quel che risalta agli occhi è l'evidente scambio di ruoli. Un passaggio del testimone evidenziato dalle posizioni in classifica: chi giocava in casa ha fatto da provinciale, gli ospiti da grande squadra. Grande e ingenua, la Lazio. Che permette al Napoli di passare in vantaggio dopo 1' e 40'', facendo il gioco dei partenopei. Per i quali il 4-3-3 è più un 4-5-1 (poi 4-4-1 dopo il rosso a Hysaj e l'ingresso di Luperto per Lobotka), con Insigne e Callejon larghissimi deputati a partire da dietro piuttosto che cercare di inserirsi alle spalle dei difensori. Baricentro bassissimo, fraseggio inesistente. Quel che restava di Sarri da martedì sera è un ricordo lontano. Manca la luce anche nel 3-5-2 di Inzaghi. L'assenza di Luis Alberto pesa, ma solo finché si resta 11 contro 11. Poi Massa sale in cattedra cambiando sorti e strategie della partita.
QUESTIONE DI ATTEGGIAMENTO - Il gol di Insigne è solo frutto di un errore individuale, una marcatura saltata a Luiz Felipe. Per il resto, la Lazio è paradossalmente ordinata persino nei minuti di follia dopo il rosso a Lucas Leiva. Inzaghi dispone i suoi con il 3-4-2: modulo che si trasforma a 4 in fase difensiva, quando - a seconda della fascia nella quale il Napoli prova ad attaccare - uno tra Lulic e Lazzari scala a fare da finto terzino. L'assenza del mediano di fatto cancella quella del regista, perché i biancocelesti cambiano approccio attaccando con quantità più che qualità. Una sorta di 4-4-2 improvvisato e senza un uomo. Il riferimento tecnico diventa Milinkovic, e lo scarico sugli esterni risulta fondamentale per aggirare il bunker partenopeo. Che fa un po' sorridere, pensando al Napoli che fu. Di fatto gli azzurri difendono con tutto l'organico, arroccandosi nella propria area le cui linee di demarcazione non sono altro che mura da difendere. La Lazio le assalta come può: all'arrembaggio e a cannonate. Poi rischia, per forza, in contropiede. Spesso a causa di uno scatenato Insigne, tenero quando esulta per un rinvio dal fondo guadagnato a un quarto d'ora dalla fine.
SOGNI E DESTINO - Gli ingressi di Fabian Ruiz ed Elmas per Insigne e Callejon sono il piumone sulla torta di 100 coperte di Gattuso. Inzaghi invece dirige i suoi in canottiera, fumante, come sull'ennesimo legno o gol annullato. “Che sfiga”, un suo riassunto del finale di partita. Quando la Lazio gioca solo a traversoni: Lazzari da una parte, Jony (entrato per Lulic) dall'altra. In mezzo praticamente il solo Sergej, manca Caicedo. Il Panterone esce in un naturale avvicendamento con Correa all'ora di gioco, ma in quei minuti concitati - fatti di lotta fisica e gioco sporco in area di rigore - avrebbe fatto molto più comodo dell'argentino. Ingresso non devastante il suo, ci sta, non giocava da tempo. Ieri sarebbe servito il miglior Tucu, pazienza. I biancocelesti escono dalla Coppa Italia immeritatamente. A febbre alta e petto in fuori, nonostante il freddo. Anzi, non era tanto il freddo ma l'umidità che t'ammazzava. Gattuso ha preferito coprirsi e alla fine ha vinto, evidentemente era destino. Quello che la Lazio insegue e combatte in Serie A, come e per un sogno, a partire dal derby: le è rimasto solo il campionato, evidentemente era destino.
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Pubblicato il 22-01 alle 11.00