L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Torino - Intelligenti come una big: San Siro chiama

Lazio - Torino è stata una partita intelligente, da grande squadra per i biancocelesti. Ragioniamoci sull'angolo tattico, in attesa di San Siro.
31.10.2019 11:05 di  Francesco Mattogno  Twitter:    vedi letture
L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Torino - Intelligenti come una big: San Siro chiama
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Mister Inzaghi se l'è un po' presa ai microfoni di Lazio Style Channel: “Non abbiamo giocato in contropiede” - ha risposto piccato a specifica domanda dei giornalisti biancocelesti - “Parlare di ripartenze è riduttivo per come abbiamo costruito dal basso. I ragazzi sono stati bravi nel palleggio e hanno sempre tenuto in mano la partita”. È una mezza verità, e la domanda - che poi nient'altro era che un complimento - ci stava tutta. Perché fino al doppio vantaggio la Lazio aspetta nella propria metà campo un Torino aggressivo e che pressa altissimo, a ritmi forsennati. Caicedo, che come ha ammesso nel post-partita era il deputato al gioco di sponda, soffre per 20-25 minuti in cui di fatto non gioca una palla pulita, anticipato a più riprese dai centrali granata. Mentre Lucas Cataldi (regista più alla Biglia che alla Leiva) viene marcato a uomo da Lukic, praticamente trequartista nel 3-4-1-2 disegnato da Mazzarri. Ne risulta una lotta in mezzo al campo dalla quale i biancocelesti cercano di uscire affidandosi ai centimetri di Milinkovic: dove Baselli arriva con la testa, Sergej arriva con il petto. Ma il giro palla è lento, prevedibile, per sbloccarla servirebbe un episodio e il crollo verticale del Torino. Poi Acerbi la piazza all'incrocio.

NEVE AL SOLE - Il Toro che fa tappa all'Olimpico è una bestia ferita, che ha smarrito il fuoco dentro. Di ghiaccio. Regge l'urto finché può e al primo lampo della Lazio si scioglie come neve al sole. Il pressing dei granata si trasforma da metodico a confusionario, le palle perse si moltiplicano e la squadra di Inzaghi non deve far altro che aspettare, ancora. Dall'ennesimo errore (Zaza perde palla in contrasto con Cataldi) nasce il contropiede del raddoppio, orchestrato da Luis Alberto e finalizzato dal solito Immobile. Non c'è più partita, ed è lì che la Lazio inizia a palleggiare con tranquillità. I pertugi diventano praterie, gli avversari alleati. Unico neo: l'approccio un po' soft della ripresa risvegliato dalla traversa di Belotti, lasciato colpevolmente libero in ribattuta. Mazzarri prova a scuotere i suoi inserendo Verdi per Lyanco e passando a un 4-2-3-1 (4-2-4 in fase offensiva) tanto disperato quanto inefficace. I terzini, Laxalt e De Silvestri, giocano altissimi e l'ingresso di Iago Falque sbilancia ancora di più una squadra che a fine partita dovrà benedire Sirigu e il "modesto" 4-0 finale. I biancocelesti sono stati intelligenti, maturi, due qualità che si vanno ad aggiungere alla determinazione vista al Franchi e che sono peculiarità cardine di una grande squadra. “Il mister ci chiede sempre di adattarci al gioco degli avversari”, confessa Caicedo nel post. E allora Inzaghi può sorridere: la sua Lazio sta imparando anche a snaturarsi, leggere le partite e girarle a proprio favore. Domenica a San Siro andrà in scena il terzo round di questo mini-ciclo, dopo trent'anni è tempo che anche il Milan vada ko tra le mura amiche.

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