L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Napoli - Callejon, non questa volta
I social li leggono tutti, anche Simone Inzaghi. Probabile infiltrato in gruppi a tema biancoceleste su Facebook e Instagram. Martoriato dal ritornello degli ultimi Lazio - Napoli, o Napoli - Lazio: taglio di Callejon alle spalle di Radu, gol degli azzurri. Merito delle abilità dello spagnolo. Colpa di una difesa a 3 per la quale, senza l'aiuto del quinto di fascia, certe imbucate risultano letali. E allora il mister ha studiato (come sempre). Video su video, lo conosciamo bene. Ha chiesto e ripetuto a Radu maggiore concentrazione, istruito Lulic come terzino aggiunto in fase di non possesso. Quando il Napoli attacca, la Lazio si dispone asimmetricamente con i tre difensori più il bosniaco a presidiare la fascia sinistra, destra per Callejon. Di fatto annullato dalla mossa di Inzaghi - e da una stagione per larghi tratti insufficiente -, ingabbiato e costretto a ripartire da dietro senza riuscire una sola volta a prendere in controtempo i biancocelesti. Questo era lo spunto tattico più interessante, veniamo alla partita.
VISTA APPANNATA - L'aria gelida dell'Olimpico è surriscaldata a temperatura d'ebollizione dallo spettacolo della Curva Nord. La naturale reazione fisica è un po' di appannamento della vista, la nebbia fa capolino. Perché la Lazio nel primo tempo è padrona del campo, ma sbaglia troppo. Tante le imprecisioni: nell'ultimo passaggio, in area di rigore. Questo tiene in vita un Napoli che oggettivamente è poca cosa. Intimorito dalla grande ombra della squadra che fu. Al contrario, la mano di Inzaghi è ferma. Testa alta e petto in fuori sia nel caso in cui dinnanzi ai suoi ragazzi si presenti l'ultima in classifica, che una big (sulla carta).
La Lazio dunque gioca altissima. Quando non è costretto a “minacciare” Callejon, Lulic si sgancia e offre una soluzione in appoggio a centrocampo e attacco. Lazzari è un motorino, il solito diesel, che esce fuori alla distanza macinando km come un Booster 50cc del 93'. Il mantra è pressare i creatori di gioco dei partenopei. Soffocarli per spegnere sul nascere la fiamma ardente della giocata di classe, il Napoli nei singoli resta pur sempre una squadra di qualità. Per questo Gattuso impone ai suoi di impostare da dietro, a partire dal portiere. Quindi i due interni (Luis Alberto e Milinkovic) si alzano a turno quando gli azzurri ragionano per vie centrali. Viceversa Lulic e Lazzari si alternano nel pressare i due terzini. Prezioso anche il lavoro di Caicedo e Immobile, con la Pantera che per poco non sfilava dai piedi di Fabian Ruiz il pallone dell'1-0.
DATE PALLA AL NUMERO 10 - Galvanizzato da un primo tempo tutto sommato positivo, il Napoli prende coraggio e approccia la ripresa come una squadra diversa. Più in palla: adesso è la Lazio a soffrire. Un po' sulle gambe, l'11 di Inzaghi si riscopre attendista, ma senza quel Correa in grado di trasformare le ripartenze da pericolose a letali (“La defezione di Correa ci ha tolto nel secondo tempo quegli spunti per i quali avremmo fatto ancora meglio”, conferma il mister nel post-gara). Quindi la palla passa al Diez. Scatenato. Luis Alberto sale in cattedra, è l'anima di una Lazio affaticata però mai doma. Occhio a crederla sfinita, uno sbaglio pensarla finita. Lo spagnolo - con la complicità di Immobile - prende per mano la squadra e dà vita ai maggiori spauracchi partenopei del secondo tempo. Sarebbe un errore spostarlo dal ruolo di mezzala. Avendo campo a sua disposizione, il Mago serpeggia tra le maglie (horribilis) degli avversari creando scompiglio, pur senza mai trovare l'assist al bacio. Il fiato prima o poi manca a tutti. Ecco perché quando il mister toglie Caicedo, è Milinkovic a scalare nel ruolo di mezza punta. Veste che più gli si addice per caratteristiche fisiche e tecniche.
Al di là degli strappi di Luis Alberto, la Lazio soffre. Ma resta in partita. Qualità che chiamar fortuna è un delitto, perché nel pressing di Immobile su Ospina - ostinato nel voler impostare da dietro - c'è lo spirito di sacrificio dei grandi. L'indole di chi non molla mai. Nota di merito anche per Berisha, addormentato al suo ingresso in campo ma a suo modo decisivo nell'azione del gol: è lui che, pressando Hysaj, abortisce lo scarico di Ospina che poi è poco lucido a non spazzare in fallo laterale. È un'altra musica, i giardini di gennaio. A Piazza della Libertà. È un'annata diversa, senza più tabù né Callejon. Spiace, sarà per la prossima volta: la Lazio adesso non ha più paura dei fantasmi del passato.
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