Lazio | Milani rivela sé stesso tra ricordi, affetti e il sogno di giocare in prima squadra

06.10.2024 07:05 di  Lavinia Saccardo   vedi letture
Lazio | Milani rivela sé stesso tra ricordi, affetti e il sogno di giocare in prima squadra

Dai suoi primi calci al pallone in maglia biancoceleste, al ricordo di quando da piccolo sognava di fare il portiere. Oggi è uno dei migliori talenti della Primavera della Lazio e gioca come terzino: Alessandro Milani racconta tutto sé stesso in un'intervista esclusiva ai canali ufficiali del club, tra parole d'amore alla famiglia, che l'ha aiutato a raggiungere i suoi obiettivi e quel tono timido ma pieno di ambizione che lo contraddistingue. 

Il primo ricordo che hai appena ti dico Lazio? 17 maggio 2019, finale regionale, derby tra Lazio e Roma

"Sicuramente è stato il titolo regionale che abbiamo vinto nell'Under 14. In finale, un derby contro la Roma, vinto 3-0. Abbiamo vinto il titolo regionale che mancava alla Lazio, mi sembra, da 18 anni. Sicuramente siamo entrati nella storia. Ci hanno detto tutti, i direttori, tutti erano molto contenti, il mister. Abbiamo fatto una grande cosa per la Lazio e per noi stessi".

Se ti dovessi descrivere a chi non ti conosce, prova a farlo

"Sono una persona molto silenziosa, non parlo quasi mai. È molto difficile farmi arrabbiare, in campo anche. Non è che parlo moltissimo, sono sempre il più tranquillo, quello che cerca di evitare risse, situazioni sgradevoli. Una persona sicuramente molto introversa".

Questo è un DNA trasmesso da chi?

"Da mia madre. È introversa come me, parliamo poco, però siamo sempre col sorriso".

Quanto il calcio è un rito familiare?

"Il calcio in famiglia è sempre stato molto seguito. Papà ha 47 anni e ancora va a giocare tre volte a settimana a pallone. È sempre stato un grande tifoso, è stato lui a portarmi allo stadio la prima volta. Mi ricordo che era una partita a Lazio-Milan nel 2011. Aveva fatto doppietta Tommaso Rocchi e il primo anno alla Lazio me lo sono ritrovato come mister".

Più i sacrifici tuoi o dei tuoi genitori?

"Dei miei genitori. Sono stato preso alla Lazio nel 2018. Fino a due anni fa ho fatto avanti e indietro la casa mia, che è a distante un'ora e mezza. Quindi il costo della benzina, il viaggio in macchina. A volte c'erano dei viaggi che duravano addirittura tre ore per il traffico che c'era. Per la maggior parte delle volte abbiamo accompagnato mia mamma e altre volte papà. Sicuramente i sacrifici li hanno fatti tutti e due. È stato molto stressante. Sono stati cinque anni molto pesanti per loro due, ma anche per me. Ma ho fatto qualcosa in meno rispetto a loro".

Il consiglio più grande che ti hanno dato?

"Di non mollare mai. Io e la mia famiglia abbiamo una cosa: quando c'erano gli infortuni loro mi dicevano sempre stringi i denti, stringi i denti. Me lo ripetevano in continuazione. E questa è una cosa che ho portato avanti. Al minimo dolore non mi sono mai fermato. Cercavo sempre di andare avanti, di spingermi. Poi fino a quando ce la facevo continuavo".

Hai timore di deluderli? 

"Sì, sicuramente. Perché loro hanno dato tantissimo per me. Tutti quegli anni in macchina, tutti i viaggi che si sono fatti, anche le trasferte, loro non mancano mai. Vengono a vedere anche all'estero quando sono stato con la nazionale. Ci sono sempre stati".

Una persona che ti ha cambiato sensibilmente?

"Alcuni dei mister che ho avuto. Per esempio mister Sanderra, mister D'Urso che ho avuto in Under 17. Sono stati quelli che mi hanno cambiato in meglio. Mi hanno reso un giocatore migliore".

Si impara di più dai grandi stando a tavola o condividendo un allenamento?

"Secondo me tutti e due. A tavola alla fine loro sono ragazzi come noi, hanno avuto la nostra età, hanno fatto le stesse cose nostre, scherzano, ridono, giocano come facciamo noi ragazzi di 18 anni. In campo hanno un altro passo rispetto a noi, però c'è ancora molto da imparare. Negli allenamenti noi ragazzi cerchiamo sempre di guardare ciò che dobbiamo acquisire da loro, che è molto. Abbiamo molta strada da fare prima di arrivare ai loro livelli".

Alessandro Milani, terzino per caso o per vocazione? 

"Mi ricordo da piccolo, ero molto piccolo, appena iniziato, al campo portavo i guanti perché il mio sogno era fare il portiere. Poi però il mister mi metteva terzino e quindi tornavo a casa e piangevo perché volevo mettermi in porta, però non mi mettevano, magari per l'altezza. Ricordo questa cosa, poi però da là sono sempre stato terzino, sono 13 anni che sono terzino".

Se non arrivi in fondo, cosa fai? Molli? Ti accontenti di una carriera modesta? Sei disposto a cambiare la tua vita? 

"No, non la vorrei cambiare. Il calcio è sempre stato tutto ciò che ho sempre fatto. Se non dovessi arrivare fino in fondo mi accontenterei anche di una carriera normale, però poi dovrei trovarmi anche delle cose da fare quando appunto finisce la carriera.Io ce la metterò tutta fino a quando non finisce".

 C'è una parte di giovinezza che hai perso per il calcio? 

"Sicuramente tutte le vacanze con gli amici che fanno l'estate, io a luglio sono in ritiro. Però a me non dispiace molto perché il calcio è sempre stato tutto ciò che ho sempre fatto, è stata la mia vita sempre, sono abituato. Anche un po' le uscite, vedo loro sempre che escono in giro, io sono sempre qui a Formello in camera. Però a me non dispiace moltissimo, sono contento di ciò che faccio e sono sicuro che qualcuno di loro sicuramente vorrebbe essere al mio posto".

Voglio parlare con te di emozioni, la più grande che hai avuto nella tua iniziale carriera.

"Sicuramente quest'estate, con la chiamata dal mister per il ritiro in prima squadra, è stata un'emozione grandissima, non me l'aspettavo. È arrivata questa chiamata, ho cercato di sfruttarla al meglio. Però anche quando sono stato chiamato dal Venezuela, dalla prima squadra, è stata sicuramente un'emozione più che per me, anche penso per mia nonna, che è il motivo per cui ho scelto di andare lì".

Quando hai ponderato questa scelta?

"Dopo la prima volta che sono stato con loro, ho voluto provare. Sono stato in Spagna a giugno, a Murcia. Ho trovato un gruppo molto unito, anche lo staff, persone molto gentili che mi hanno fatto sentire a mio agio. Penso sia una federazione molto organizzata. Da lì ho deciso subito di cambiare".

Mentre firmavi il rinnovo di contratto, cosa pensavi?

"Per me è stata un'emozione unica. Ho pensato che se ho portato il direttore ad offrirmi un contratto vuol dire che ha molta fiducia in me, che la società crede in me. Io ce la metterò tutta per ripagare questa fiducia che loro danno a me".

Esordire qui sembra impossibile. Tu quanto ci credi?

"Io non smetto mai di crederci. Per me sarebbe un sogno esordire questa squadra. Spero all'Olimpico. È sempre stato bellissimo andare allo stadio con i tifosi, con tutti i cori. Per me sarebbe un sogno".

Gli amici veri ci sono anche nel calcio? 

"Si. Quest'anno siamo rimasti io, Di Tommaso, Nazaro, Petta. Siamo in squadra insieme penso da sette anni. Sicuramente sono loro gli amici veri in questa squadra. Sono quelli con cui abbiamo condiviso i momenti migliori delle nostre piccole carriere, i trofei vinti, i viaggi, le trasferte e tutto. Sono sette anni che li viviamo insieme".

Cos'è per te normalità?

"Per me la normalità è venire al campo, allenarmi, che è sempre fatto tutto questo. Però anche può essere stare in famiglia. È una sensazione bellissima quando dopo la partita torno a casa con la mia famiglia, a cena, con i miei nonni e tutto. Durante la settimana non li vedo nel fine settimana torno con loro e per me è bellissimo stare a casa".

Un giocatore che hai in Primavera e che credi arriverà lontano? 

"Per me uno dei più forti che ho mai visto in Primavera è Filipe Bordon. Mi piace molto come gioca, il suo stile di gioco, la sua forza. Per me è uno che ha la sua intelligenza, uno che arriverà".

E tu tra dieci anni dove sarai, dove ti vedi?

"Spero di essere qui alla Lazio titolare in Serie A, giocarci il campionato e tutto. Per me è un bel sogno".

Pubblicato il 5/10