Primavera, Sanderra sul rinnovo: "Meglio della Lazio dove si vuole andare?"
Dopo una stagione grandiosa alla guida della Lazio Primavera, Stefano Sanderra ha rinnovato il suo contratto ed è pronto per iniziare un nuovo campionato sulla panchina dell'Under 19 biancoceleste. Oggi, ai microfoni ufficiali del club, ha espresso le sue emozioni. Ecco le sue parole:
“Eravamo già d’accordo da un po’ per il rinnovo, per il proseguimento del lavoro con la Lazio dopo un bellissimo biennio. Era giusto continuare, ci sono tutti i presupposti per provare a fare il massimo sempre con l’obiettivo di creare ragazzi che possano dire la loro in campionati professionistici. La Lazio? Difficile trovare di meglio nella città in cui abito e in cui sono nato, con un centro come Formello a disposizione e un direttore e un presidente che mi hanno voluto. Meglio di così, dove vuoi andare? Al di là dei risultati, ciò che conta è mettere in evidenza giocatori e in questi due anni l’abbiamo fatto. Abbiamo sfornato giocatori importanti, molto richiesti. Qualcuno è andato via, altri sono in prima squadra. Questo è il vero obiettivo al di là del risultato contingente.
Nel DNA del nostro staff c’è il cercare di creare un gruppo con un corpo e un’anima. In questi due anni abbiamo trovato leader che hanno creato leader, sposando la nostra filosofia e il nostro stile di calcio, l’idea di creare una squadra che in campo dà tutto. La gente si è appassionata, questo è il riscontro più interessante: che la gente poi ti segua. Certi tratti devono essere replicabili anche con un gruppo nuovo, sono stati vincolati tanti giocatori: sicuramente è replicabile, non so se lo sia poi il grande risultato dello scorso anno. Certamente ora stiamo cercando di immettere in squadra quella cultura del lavoro in cui il ragazzo si identifichi. Serve una visione superiore per cui quando si gioca il gruppo sia solido, con radici profonde e in grado di affrontare le difficoltà.
La parola spirito è molto importante nel calcio: da un lato i dati tecnici, dall’altro lo spirito. E su questo stiamo lavorando: sull’inconscio e sulla mente. Un migliore uomo può diventare un miglior calciatore. E la sfida quest’anno sarà ancora questa. La Youth League è stata straordinaria dal punto di vista calcistico e culturale. Il confronto deve essere sempre migliorativo. Quest’anno abbiamo questo torneo in Messico che può regalare grandi esperienze. Forse con meno impegni infrasettimanali non serve un gran numero di giocatori. L’avvio in campionato? Lascia il tempo che trova, si devono affrontare tutte. Quando si gioca l’avversario conta fino a un certo punto: le sfide sono con noi stessi. Nel calcio italiano ci si focalizza sul risultato e viene l’ansia. Se invece si pensa al miglioramento, il risultato del campo conta meno. L’atro giorno parlavo di fedeltà ai ragazzi: è anche il riconoscere certi valori nelle sconfitte.
I senatori? È rimasta metà gruppo, ragazzi che possono essere veicolanti di quello che è il nostro stile. Ma noi vogliamo arricchirlo, andare nel nuovo e non riproporre sempre le stesse cose. Cercheremo di apportare anche situazioni tattiche, mentali, tecniche per arricchire i giocatori. Bordon? È diventato eclettico: può fare il difensore centrale e il mediano. Più cose sanno fare i ragazzi più è un vantaggio. Il gruppo è ancora in fase di definizione, forse dopo il Messico potremo iniziare a capire e a sfoltire il gruppo: in 30 non ci si allena, manderemo a giocare chi pensiamo possa trovare meno spazio. È un gruppo sicuramente diverso, fatto a oggi di molta meno fisicità. Fisicamente sembrerebbe un gruppo con meno gamba ma ho fiducia che si possa rimodellare e rinforzare. Poi il calcio non è solo forza fisica. Lo staff? Confermiamo tutti, anche Barraco (ride, ndr). Abbiamo perso Simone Rughetti che prenderà una squadra del settore giovanile, ma entra Marco Monteleone che ha lavorato tanti anni nel calcio spagnolo. A me non piacciono i signorsì ma persone con cui crescere.
Forse in certe fasce di età la tattica, anche se servirebbe cognizione di causa per parlarne, è esagerata. Almeno intorno ai quattordici anni. Poi quando si arriva su è normale la tattica serva. Forse le si dà però troppa importanza: se si esalta solo un fattore si va fuori strada. Cosa manca agli under italiani? È una cosa sui cui si discute molto, ma nei settori giovanili gli stranieri sono molto di meno poi in Primavera diventano troppi. Ma c’è anche un fatto culturale: quando il giovane è bravo va messo in prima squadra. Va curato, lanciato, con rischi e svantaggi. Ma culturalmente siamo ancora troppo legati all’esperienza. È un traino anche per il settore giovanile. Sono d’accordo col proviamoci: per fare cose nuove bisogna rischiare. L’idea di credere nei ragazzi deve essere più forte del regolamento, con un substrato di metodologia di lavoro e direttive. Parlo per tutto il calcio italiano, serve anche un rinnovamento di certi vertici. Servono nuove idee e freschezza, altrimenti una grande scuola come quella italiana non esprime il proprio potenziale.
Obiettivi? La priorità rimane creare talenti per la prima squadra, ne trae giovamento la società sul mercato e in campo. Certamente fa a tutti piacere poi fare risultati, ottenere il massimo. Ma bisogna sempre vedere le risorse a disposizione. Il direttore lo conosciamo, ci tiene a far bella figura e non vuole smontare la squadra. Alcuni giocatori sono molto richiesti ma li vuole tenere qui: in questi due anni la Primavera e la Women sono stati punti importanti: perché non continuare? Sicuramente il sogno è sempre bello, ma poi c’è la realtà. La Juve fa giocare giocatori sotto età, altre squadre hanno fatto l’U23. Ancora oggi la Primavera viene vista come settore formativo. Io però farei sempre il conto di quanti giocatori escono, al di là di chi vince. In Messico? Il viaggio è pesantissimo, ma il Messico è una realtà culturalmente a tinte forti. Ha una grande cultura, anche del passato. Poi c’è realismo magico, surrealismo: è molto interessante”.