Juve, Bonucci attacca: "Il mio addio è stato un gioco di potere, vi racconto"
Leonardo Bonucci, ospite al podcast 'Passa dal Bsmt' di Gianluca Gazzoli, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa e ha raccontato la sua verità sull'addio alla Juve e alla scelta di andare a fare esperienze altrove. Le sue parole: "Me ne sono dovuto andare quasi scappando perché qualcuno aveva deciso che doveva andare così, è stata una scelta di un singolo che non meritavo. Giuntoli mi ha detto ‘Guarda, non sei più nei piani. Sei fuori rosa’. All’inizio mi sembrava quasi uno scherzo, dopo più di 500 partite ricevere il benservito in questa maniera… Invece era tutto reale. È stato un gioco di potere".
"La rabbia che avevo dentro mi ha fatto fare delle scelte sbagliate, sono andato avanti, avevo la forza del contratto firmato per andare contro la Juve ma l’ho fatto per rabbia. Non era la Juve, non c’erano le persone adatte per fare una scelta come quella fatta. I dirigenti subentrati non avevano il potere ma sono andati sulla scia di quelle che erano le decisioni di altri. Quando mi sono fermato e la rabbia è scemata mi sono detto ‘Cosa sto facendo?’. Mi sono fermato nella battaglia che mi avrebbe portato alla vittoria, avrei vinto visto che ho subito mobbing e c’erano tutte le basi per vincere. Dopo il confronto con mia moglie, la decisione di fermare la battaglia è stata la migliore, in previsione di questo sogno che le nostre strade si possano incontrare”.
"Io ho anteposto la Juve a mia moglie e ai miei figli, al mio benessere perché anche quando sono andato via nel 2017, e sono passato al Milan, io quella scelta l’ho fatta perché non volevo essere un problema all’interno dello spogliatoio. E quindi ho preso quella strada lì per non fare del male alla Juve. Il mancato trasferimento dall'Union Berlino alla Roma? I tifosi giallorossi dicevano che uno juventino con la maglia della Roma non si può vedere: io sono e sarò sempre juventino, ma quando scendo in campo con una squadra gioco per la maglia che indosso”.