Se n'è andato Volfango Patarca, uomo buono con l'aquila sul petto
Ci piace immaginarlo lassù, insieme a Maestrelli e Chinaglia, a parlare di calcio, di Lazio. Caratteri forti, chissà se si danno sulla voce o se ascoltano, pazienti, l’altrui opinione. Di sicuro tutti con il biancazzurro nel cuore. Se n’è andato stanotte, in silenzio, Volfango Patarca, che per chi mastica pane e Lazio è stata la quintessenza della lazialità. Settantadue anni, più della metà trascorsi tra campi di calcio, spogliatoi, panchine. Lunghissima la militanza con l’aquila sul petto. Tanta gioventù gli è passata davanti. Da quella scapigliata e un po’ svagata degli anni Ottanta a quella intimista dei Novanta, quando il calcio cominciava a cedere quella sovranità, quella sua intima bellezza allo strapotere delle tv, che tutto fanno e tutto disfano. Patarca, però, non è mai cambiato, non ha mai cambiato modo e filosofia; per lui il calcio era libertà e disciplina allo stesso tempo. Romano del Quarticciolo, che vuol dire certezza matematica del “pane al pane, vino al vino”, non resta nel cuore dei laziali solo per aver svezzato e donato alla storia del club alcuni tra i migliori talenti che si ricordino a memoria. Di Canio, Di Vaio, Alessandro Nesta ci vengono in automatico: trovatelo voi qualcun altro capace di leggere il campione del domani nel ragazzo di oggi. Lui, questo dono, lo aveva. Rimane nel patrimonio comune della Lazio anche e soprattutto per la sua capacità di far crescere l’uomo, di pari passo al calciatore. Per chi è della Lazio, per chi si innamora quotidianamente di questi colori, il dettaglio non è da poco. Lazialità è distinzione, anche Volfango ce lo ha insegnato. Oggi lo piange la grande famiglia laziale, ma la perdita è dell’intero movimento calcistico. Questo nostro pensare ce lo confermano le parole dei suoi “ragazzi”: Nesta, appena rientrato negli States, ci ha parlato di “perdita impressionante”, di un uomo che ”la passione l’ha messa al servizio dei giovani delle periferie, trasmettendola con un entusiasmo che non si può dimenticare”. Marco Di Vaio aveva la voce rotta dall’emozione: “E’ una bruttissima giornata, di quelle che non passano mai. Come definire Volfango? Scopritore, riferimento, papà per tantissimi di noi”. Volfango Patarca se n’è andato, ci lascia un tesoro che non può e non deve andare perduto. I suoi ragazzi, uomini oramai, ne sono i preziosi custodi. A noi che l’abbiamo conosciuto, resta il ricordo di un uomo buono che amava il calcio, passione per tutti e di tutti. Forse è di questo che parlerà col Maestro e Long Jonh.