Lazio, Parolo è corsa e sacrificio: la numero 300 di un leader silenzioso
“Dovevamo avere umiltà e un altro tipo di atteggiamento, chiediamo scusa a tutti”. Riavvolgere il nastro di una settimana è fondamentale. Marco Parolo è così. Un leader silenzioso che quando parla sposta le montagne. Senatore a vita di una Lazio di cui incarna spirito di sacrificio, cuore, mentalità battagliera. Quella contro il Chievo è stata la peggiore partita della stagione e Parolo l'ha vista dalla panchina per 38 minuti, totalmente incolpevole dell'approccio molle dei compagni. Eppure a fine gara è il primo a chiedere scusa, il primo a voler tornare a correre verso l'obiettivo. Correre, d'altronde, è quello che ha sempre fatto meglio.
RIPARTIRE DA PAROLO - Andiamo avanti veloce, fino a ieri sera: quella di Marassi per Parolo è la trecentesima partita in Serie A. Nel mezzo, tra Chievo e Sampdoria, Marco ha risposto presente. Contro il Milan, Milinkovic ha di nuovo lasciato il campo anzitempo - questa volta per infortunio - e il numero 16 è salito ancora una volta in cattedra. Polmoni e gambe al servizio della Lazio, Parolo è l'equilibratore di cui la squadra ha sentito incredibilmente la mancanza. Tanto palleggio e poco arrosto. La formula fantasia di Inzaghi ha pagato a fasi alterne, scucendo la Lazio in due tronconi. Serviva il collante che riuscisse ad accorciare nuovamente la squadra, a darle respiro e corsa nel momento in cui tutti di solito entrano in riserva. Come se lo volesse il fato, i biancocelesti ritrovano Parolo titolare e tornano a viaggiare spediti.
LA LAZIO NEL DESTINO - Parole al miele, quelle nel post-partita di Genova: “La Lazio era nel mio destino, sono felice di essere qua e di indossare questa maglia per cui darò sempre tutto”. E in effetti, il secondo dei 42 gol siglati in Serie A - il primo da 3 punti - è arrivato proprio contro i biancocelesti. Era il 10 novembre 2010, e la Lazio di Reja perdeva contro il Cesena a 5 minuti dal termine a causa del siluro all'incrocio di Parolo. Una rete importante, la consacrazione nel massimo campionato e l'inizio di una carriera sbocciata forse troppo tardi ad alti livelli. Il centrocampista di Gallarate esordisce tra i grandi solo a 25 anni, ma recupera presto il tempo speso a fare gavetta. Più di 30 partite in ognuno dei 9 campionati di Serie A disputati: Cesena, Parma e infine Lazio, tutte sommate fanno 300. Una costanza di rendimento da far invidia ai più giovani anche a 34 anni. Non è un caso che il record di km percorsi da un biancoceleste in una singola partita, anche per questa stagione, appartenga proprio a Marco Parolo (12.967 km in Atalanta - Lazio).
SACRIFICIO - Ha accettato la panchina, nonostante il campo gli avesse dato sempre ragione. L'ha fatto con la signorilità e il silenzio che lo contraddistingue, essere leader significa anche questo. Saper scegliere il momento nel quale esporsi, come dopo la debacle con il Chievo, e quello in cui mettersi da parte per il bene della squadra. Parolo in campo corre, battaglia, contrasta e cuce i reparti. In panchina con il suo atteggiamento cementifica lo spogliatoio, si presta a essere un'alternativa di qualità ed è sempre pronto a dare il massimo. In ogni caso mette al primo posto il sacrificio. Una dote meno sfavillante della grande giocata, dimenticabile al cospetto del gol partita. Ma imprescindibile per qualsiasi squadra. Senza Parolo dal primo minuto i biancocelesti hanno battuto Inter e Roma, quando la qualità può fare la differenza, ma poi hanno perso punti contro squadre che fanno proprio della voglia e dell'abnegazione le loro armi migliori: Genoa, SPAL, Sassuolo, Chievo. Mancando lo spirito di sacrificio del 16 in mezzo al campo la Lazio non ha saputo rispondere al fuoco nemico.
SCRIVERE LA STORIA - A Milano Parolo si è ripreso il centrocampo della Lazio e adesso non ha più intenzione di fermarsi. Archiviate le 300 in Serie A, entro la fine della stagione raggiungerà le 200 presenze con l'aquila sul petto tra tutte le competizioni. Ha da poco scavalcato Pulici e Signori, a 201 punta mister Simone Inzaghi. L'ha fatto a velocità incredibile, con lo sguardo sempre rivolto verso il prossimo obiettivo. Leader tecnico e carismatico. Molti dopo il Chievo avrebbero gettato la spugna, pochissimi ci avrebbero messo la faccia. Marco Parolo invece non ha mai smesso di correre: “Non dobbiamo mollare”. Se la Lazio è ancora sul treno per la Champions League lo deve anche al suo numero 16.
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