Superlega, la casa dei ricchi in mutande: ma Uefa, Fifa e Figc...
Terremoto, scisma, guerra. I termini sono forti, parole che mal si adattano a uno sport, ma che servono a dipingere uno scenario senza precedenti nel calcio europeo. 12 club tra i più importanti del continente (non i più importanti, basti pensare che Tottenham, Atletico, Arsenal, City, Chelsea e United mettono insieme solo quattro trionfi in Champions League) hanno deciso di mettere in atto una vera e propria secessione, affrancandosi dall’Uefa e creando la Superlega. Tre le italiane coinvolte: Inter, Milan e Juventus. Le cronache di queste ore sono ormai note. L’Uefa è furente, minaccia sanzioni economiche e sportive per i club e i calciatori che parteciperanno a questo evento (inizio nel 2022?). In Inghilterra il fronte contrario è compatto, in Italia le voci sono più discordanti, come accade in Spagna. No secchi e decisi arrivano invece da Francia e Germania.
RIDICOLA MORALE - Intendiamoci, la Uefa e la Fifa che oggi piangono e si ergono a paladine del fair play, del calcio pulito, fanno sorridere. Ceferin che sostiene che l’Uefa “non ha mai perseguito il profitto” è comico. Non è così e la sua è pura propaganda. La Uefa sono anni che foraggia un sistema che privilegia pochi ricchi e offre agli altri solo il contentino - spesso solo economico - della partecipazione. Il FFP è stato una pagliacciata che non ha mai inciso davvero: cosa ha fatto la Uefa quando i grandi club - già indebitati fino al collo - si permettevano di spendere cifre folli per acquisti e ingaggi? Cosa faceva l’Uefa, per esempio, quando il PSG spendeva 220 milioni per Neymar, garantendogli 30 milioni annui? Stesso dicasi per la FIGC che oggi si schiera accanto all’Uefa, ma non ha mai mosso un dito di fronte al doping finanziario di alcune società italiane. Ci vengano a raccontare come club con bilanci eternamente in rosso, società che in ogni altro contesto avrebbero portato i libri in tribunale, aziende (come le chiamiamo oggi) che non pagano gli stipendi da mesi, abbiano potuto competere e competano tuttora in Serie A e nelle coppe nazionali. Una concorrenza evidentemente sleale rispetto a quelle società che tengono i bilanci in ordine, anche a costo di qualche rinuncia sportiva. La Fifa, poi, parlando di “principi contrari al nostro calcio”, ci dovrebbe spiegare come sia stato possibile dire sì ai Mondiali in Qatar e perché non si sia mosso un dito di fronte ai quasi 7000 operai morti causati dai lavori di costruzione degli stadi necessari all’evento che si svolgerà nell’inverno del 2022.
MONTAGNE DI DEBITI - Per quanto la morale da Uefa, Figc, Fifa sia risibile, resta il fatto che la Superlega è una vergogna senza precedenti, un vero e proprio assassinio a sangue freddo del calcio, del merito, della competizione. I paragoni con NBA o con gli sport americani in generale sono ridicoli. Non solo perché questo non è basket, l’Europa non è l’America, ma perché non ci sono basi comuni per operare un confronto. La Superlega è la via più veloce che certi club hanno trovato per evitare il crack finanziario. Il Covid ha fatto esplodere la bolla finanziaria in cui molti vivevano, convinti di essere intoccabili. Il Real Madrid e il Barcellona, per esempio, accumulano in due quasi 2 miliardi di euro di debito. Il Barça ha un debito complessivo di 1,2 miliardi, 730 da estinguere entro pochi mesi. Il Madrid, invece, ha visto crollare il proprio fatturato di oltre 200 milioni di euro rispetto all’era pre covid. Il Manchester United, nell’ultimo anno, ha più che raddoppiato (+133%) i suoi debiti, che ora ammontano a 524 milioni di euro. La Juventus negli ultimi anni sta accumulando una sconfitta economica dietro l’altra: l’affare Ronaldo non “s’è ripagato in maglie” come sostenevano i dirigenti bianconeri, i 31 milioni netti d’ingaggio del portoghese sono un salasso e il Covid ha fatto chiudere il primo semestre 20/21 con una perdita di 113 milioni di euro. La situazione del calcio italiano è da film horror. L’Inter ha un indebitamento pari a 630,1 milioni di euro, mentre il patrimonio netto è in negativo per 36,9 milioni di euro, il risultato del bilancio è a -102,4 milioni e i ricavi sono meno dei costi per 133,1 milioni. La Juventus può vantare, si fa per dire, 458,3 milioni di debiti; anche se il patrimonio netto - dovuto a rivalutazioni e all'aumento di capitale da 300 milioni dell'anno prima - è di 239,2 milioni. Non bene nemmeno il Milan, con 151,8 milioni di debito (34,1 di patrimonio netto).
ANCORA DI SALVEZZA - La Superlega rappresenta un’ancora di salvezza, un modo per avere la gestione totale degli introiti da diritti tv, botteghini, merchandising e cercare quindi di salvare la barca che affonda. Niente più mediazioni: tanti soldi subito, da spartirsi in pochi. Club con un blasone antico, altri con una gloria recente. Quasi tutti, però, hanno collezionato figure barbine negli utlimi anni in Europa. L'Arsenal, il Tottenham, l'Atletico, il City non hanno mai vinto la Champions. Il Milan non partecipa da sei anni, l'Inter è sempre stata eliminata al primo turno nelle ultime due stagioni, dopo essere stata assente per anni. La Juve è stata presa a sberle da Porto, Ajax e Lione. Lo United dal Lipsia pochi mesi fa. Non c'entra nulla il merito, c'entra il denato. I debiti di cui sopra: tutte le partecipanti accumulano quasi 6 miliardi di passivo. Inoltre 4 delle sei inglesi che parteciperanno rischiano a oggi di essere fuori dalla prossima Champions (Tottenham, Arsenal, Liverpool e Chelsea), così come la Juventus, con danni economici tremendi. Tutto si gioca intorno al denaro, al profitto. Non è un caso che a dire no siano stati per i primi i tedeschi (Bayer, Dortmund, Lipsia) tra i pochi club in Europa con bilanci sani. Se possa essere un progetto che prenderà corpo o un’arma di ricatto verso l’Uefa per avere più denaro e garanzia di partecipazione alla Champions (per capirci, la Juve vorrebbe partecipare pur arrivando quinta in campionato e stesso dicasi per il Liverpool o per il Tottenham) questo lo vedremo nelle prossime settimane. Ma la Superlega, l’avidità di Agnelli e compagnia è solo la conseguenza di politiche scellerate e sconsiderate, che non hanno mai davvero messo un freno alla corsa al debito delle big, alla creazione di una bolla che prima o poi doveva trovare un ago contro cui battere e scoppiare. La Uefa, la Figc, la Fifa oggi sbraitano, ma è a monte che dovevano intervenire. Ora il giocattolo s’è rotto e rimettere insieme i pezzi sarà tremendamente complicato.
Pubblicato il 19/04