Il calcio è nel caos e non ha un protocollo: così non si va avanti, meglio lo stop
Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è stato molto chiaro: “C’è un protocollo, ma di fronte alla salute pubblica questo passa in secondo piano”. Con poche parole il Presidente federale ha detto che il protocollo che finora ha mandato avanti le competizioni nazionali non vale niente. Non solo. Gravina ha ridicolizzato la giustizia federale che lui rappresenta e che, in un caso simile, aveva punito con un 3-0 a tavolino e un punto di penalizzazione il Napoli. Gravina non lo dice apertamente, ma il risultato delle sue parole è che il protocollo validato mesi fa dal Ministero della Salute è carta straccia. La salute prima di tutto, moralmente parlando così sia. Niente da ribattere. Ma la Morale e le leggi non combaciano più. Almeno, non sempre. Hanno cominciato a divaricarsi da quando è in atto quel processo chiamato secolarizzazione. Chiusa parentesi, torniamo all'attualità. I dati quotidiani ci dicono che la curva dei contagi è in pericolosa crescita, così come ha detto il Ministro della Salute. Già, l’Italia si trova a combattere contro le varianti: inglese, sudafricana, brasiliana e la lista sembra allungarsi. Cosa sappiamo di queste varianti? Poco. Ancora.
Sappiamo che quella inglese è la più diffusa in Italia e ha una contagiosità molto maggiore rispetto al Covid “originale”. La salute sia priorità assoluta? Ok. Ma allora il protocollo in vigore a cosa serve? È evidentemente superato e obsoleto. È insomma aria fritta. Va rivisto, adeguato, se non addirittura rivoluzionato. Il Torino non poteva scendere a Roma, nonostante ormai fossero solo otto i positivi e il restante gruppo fosse ormai negativizzato come dicono gli ultimi due cicli di tamponi. Torino stop, c'è la variante inglese a scompaginare le carte. La contagiosità è più alta, ma il Covid era contagioso e aggressivo anche prima eppure tante squadre, dalla Lazio al Genoa, passando per Milan e Cagliari, hanno comunque giocato, ottenendo anche risultati deludenti o comunque lontani dalle attese. Il Torino no, il Napoli nemmeno. Eccezioni alla regola. Eccezioni che però fanno giurisprudenza e mandano nel caos il calcio.
Ci spieghiamo: il principio “prima la salute” o vale sempre o non vale mai. E se va fatto valere sempre, allora il calcio si deve adeguare e forse davvero dovrebbe fermarsi di fronte a uno scenario difficile e sconosciuto - cosa sappiamo di queste varianti? - come quello di fronte al quale ci troviamo. Almeno fino a quando i calciatori non saranno vaccinati. Saranno d’accordo anche coloro che lo scorso anno, proprio di questi tempi, invocavano la sospensione totale della Serie A, il congelamento della classifica e la non assegnazione del titolo. Coloro che affiggevano striscioni chiedendo che di fronte a “morti e sofferenza” il calcio fosse messo in secondo piano. Gli stessi che, prima di un derby, sono poi corsi ad assembrarsi fuori dal centro sportivo della loro squadra con tanto di gru per sollevare uno stendardo. Oggi, di fronte a contagi che crescono e ospedali che rischiano di riempirsi e al cospetto di un calcio in confusione totale, una soluzione può essere quella di fermarsi e non assegnare il titolo.
Perché non dovrebbe valere quanto invocato un anno fa? Viene il dubbio che valesse solo con la Lazio a -1 dalla vetta, mentre con l’Inter in testa e il Milan in Champions guai a parlarne? La Serie A è forse messa peggio di un anno fa, o quantomeno è nella stessa situazione. Visto che non ha un protocollo a cui fare riferimento. Disintegrato oggi dalle parole di Gravina (grande nemico di Lotito e sicuramente più vicino a Cairo). Gravina, che un anno fa spingeva per riprendere a giocare, anche attingendo alla soluzione playoff e playout, di fatto oggi rischia d'aver messo la parola fine al campionato. Le varianti circoleranno sempre di più e altre squadre ne saranno colpite e chiederanno rinvii su disposizione delle varie Asl, tempo per riprogrammare le partite ce ne sarà sempre meno e - con l'Europeo alle porte - ecco che il rischio di mandare in titl il sistema è elevato. Scenario concreto, se non realistico, visto che l'attuale protocollo è ormai alla stregua di una pagina di Novella 2000 e non ha alcuna valenza nella regolare gestione del campionato. Solo la Lazio sembra richiamata a rispettarlo, andrà a processo per violazione di un protocollo vecchio, fuori dal tempo. Un po' come se oggi un cittadino italiano fosse sottoposto a processo per aver infranto uno o più articoli del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano. Siamo alla follia, alla farsa. E forse sarebbe davvero il caso di fermarsi. Quantomeno a riflettere…
Scritto 02/03/2021