Lotito si schiera con i marò: "Giocheremo con il fiocco giallo". Meloni: "Tutti seguano esempio Lazio"
AGGIORNAMENTO ORE 13.06 - "Sui marò la Lazio è un esempio che spero le altre squadre italiane seguiranno". Lo scrive su Twitter il presidente di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, Giorgia Meloni, sull'iniziativa di sensibilizzazione annunciata dal presente della Lazio, Claudio Lotito, e che vedrà la squadra biancoceleste giocare con un nastro giallo appuntato sulle maglie.
La Lazio di Claudio Lotito in prima linea per sensibilizzare l’opinione pubblica in favore dei marò. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone saranno protagonisti di un'iniziativa, non la prima, della squadra: i giocatori testimonieranno il loro impegno esibendo l’ormai famoso fiocchetto giallo per i marò liberi. Di seguito l'intervista concessa dal patron biancoceleste al quotidiano Il Tempo.
Presidente Claudio Lotito, ci spieghi l’iniziativa.
"L’abbiamo già fatta, due anni orsono. Sono stato il primo in Italia. Inizieremo la prossima settimana di campionato. I particolari li dobbiamo ancora concertare, vogliamo, in pratica, giocare con il fiocco".
Cosa significano per lei e per la squadra i due marò?
"Innanzitutto ci deve essere il rispetto per chi rappresentano. In questo momento a livello internazionale abbiamo perso una forza contrattuale. Noi abbiamo uno spirito di accoglienza e non mi sembra che questo spirito alberghi in altri Paesi. I due marò sono stati trattati come dei delinquenti comuni, in realtà non lo sono. L’imputazione nei loro confronti è molto grave".
Per i marò non tutti hanno il suo impegno.
"Io ritengo sia un obbligo civico. Non a caso a livello calcistico il presidente Tavecchio ha posto un problema: chi rappresenta l’Italia deve sentirsi un brivido nella schiena. E chi rappresenta il nostro Paese deve avere l’orgoglio dell’appartenenza, di rappresentarlo, ma anche la tutela nel momento in cui opera nell’interesse del Paese. I marò sono stati seguiti, ma non tutelati al cento per cento, e la prova è che ancora non siamo riusciti a portarli a casa".
L’Italia non si è fatta sentire abbastanza o sono stati gli indiani troppo duri?
"Non conosco le trattative e non posso esprimere giudizi, una cosa è certa: se fosse capitato a un altro Paese, per fare due esempi Israele e la Germania, probabilmente questo non sarebbe accaduto".
Qual è il suo messaggio?
"È necessario che si mobiliti tutta l’opinione pubblica, cosa che ultimamente non è più accaduta, perché in questo Paese si è perduto l’orgoglio dell’appartenenza, l’orgoglio di essere italiani e di rappresentare la nostra bandiera nel mondo. Ormai siamo permeati da un clima nel quale ognuno tutela i propri interessi, dimenticando che facciamo parte di una grande comunità. Bisogna risvegliare questo spirito patriottico, di comunione, perché chi difende le nostre istituzioni ha il diritto, nei contesti internazionali, di avere la certezza di essere tutelato e non soltanto dal punto di vista formale, ma anche sostanziale".
Ha ancora senso oggi la parola Patria?
"Nelle scuole questo concetto non è più coltivato come si deve; invece bisognerebbe ripristinarlo proprio per contrastare gli eccessi di una globalità che forse ci ha fatto perdere di vista lo spirito patriottico, di appartenenza, che deve essere alla base di ogni cittadino".